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Gli auguri del vescovo Michele: “Il Signore è veramente risorto! Buona Pasqua”

Il video con gli auguri del Vescovo alla Diocesi. “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello”. Così cantiamo il giorno di Pasqua nella bellissima preghiera-poesia della sequenza…

Qui il video e, sotto, il testo degli auguri:

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“Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello”.

Così cantiamo il giorno di Pasqua nella bellissima preghiera-poesia della sequenza.

Morte e vita continuano sempre ad affrontarsi nell’esistenza di ogni uomo e di ogni donna, ad ogni curva o tornante della storia.

La morte di tanti, troppi. E il dolore di tante famiglie, che non trova nemmeno una voce.

E poi la morte della paura, della malattia, della solitudine.

Quanti sono quelli che pagano un conto elevato per la diffusione della malattia?

Dicono che sia democratica, ma mi pare che chi aveva già prima meno risorse continui ad averne anche adesso di meno.

Quanta povera gente. Quante piccole e grandi morti quotidiane in questo nostro tempo.

Quanto rischio di egoismo, di solitudine del cuore più che di distanza fisica: ma quanti erano già isolati anche nella folla. I troppo poveri. I troppo ricchi.

Ma anche – ed ecco il prodigio – quanta vita, quante vittorie quotidiane della vita! Quanta forza!

In chi si assume rischi per aiutare e curare gli altri. Negli ospedali. A casa dei più fragili. Sulla frontiera del disagio psichico, dalla disabilità. L’operatore socio-sanitario che fa assistenza domiciliare, chi assiste a casa coloro che hanno problemi di disabilità e chi ha bisogno di cure costanti. Quante mamme, papà, fratelli e sorelle. Chi lavora per garantirci il cibo, i servizi, la sicurezza. Chi sta nelle case di riposo, nelle carceri, nelle strutture di assistenza, nei campi, sulle strade. Le persone consacrate che pregano e ascoltano Dio e i fratelli e le sorelle, apparentemente impotenti, ma ricchi di amore. I preti feriti nel loro amore di pastori.

Perché lo fanno? Perché lo fate? Perché immergersi in tutto questo dolore, se davvero finisce tutto là, se con ogni morte finisce davvero tutto?

Morte e vita, ancora oggi si affrontano in questo prodigioso duello.

Non è un affanno disperato contro il tempo inesorabile. Per quello c’è solo fuga: “mangiamo e beviamo, perché domani moriremo!”. Non è abitudine o senso del dovere – non c’è abitudine che tenga nel dolore, nel sacrificio vero.

“Il Signore della vita era morto e ora vivo trionfa”.

Io credo che sia proprio questo. L’angelo che ha rotolato via la pietra dal sepolcro di Cristo rotola via la pietra delle nostre angosce quotidiane. Ecco perché vi immergete nel dolore.
Ecco perché ne ritornate più vivi, più veri. Con le tracce dell’eternità nello sguardo e nel cuore.

Ecco perché chi ci lascia non cade nel nulla.

Ecco perché è necessario augurarci buona Pasqua.

Perché il Signore della vita
ha donato la vita
perché trionfi la vita.

Se non si può risorgere ogni istante, se non si può risorgere alla vita eterna, a che cosa serve tutto ciò?

Ma il Signore, il servo sofferente, lo sconfitto crocifisso è veramente risorto. È vivo.
Ecco perché!

Ecco perché viviamo. Ecco perché siete come siete.

Grazie!

Buona Pasqua!

+ Michele Tomasi

vescovo di Treviso

“La croce apre un cammino di vita”: omelia del Vescovo Michele nella domenica della Passione del Signore

“Prima ancora che alle nostre domande, la croce mostra e realizza la risposta di Dio al nostro bisogno di vita: la croce non è un simbolo, utile per spiegare sofferenze di per sé inesplicabili. Non abbiamo bisogno di Gesù per spiegare ciò che succede o per esprimere la nostra ribellione di fronte alle sofferenze del mondo. La croce apre un cammino di vita per un popolo, per la comunità di coloro che guardano al Signore crocifisso a partire dalla propria esperienza e in lui scoprono Dio e il suo amore”. Il vescovo Michele ha sottolineato così il significato della croce, della Passione e morte di Gesù, al centro di questa domenica della Passione del Signore, inizio della Settimana santa, quando si ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, la sua passione e la morte sulla croce. Lo ha fatto questa mattina, in una celebrazione eucaristica a porte chiuse, in cattedrale, presenti pochi sacerdoti, che hanno concelebrato con lui (il vicario generale, mons. Adriano Cevolotto; il vicario per la pastorale, mons. Mario Salviato; il penitenziere della Cattedrale, mons. Arduino Beltrame; il parroco e il vicario parrocchiale della Cattedrale, mons. Giorgio Riccoboni e don Filippo Basso, insieme al diacono Gianni Donadi), e la piccola famiglia con la quale il vescovo Michele celebra l’Eucaristia da quando è iniziato il periodo di restrizioni a causa della pandemia.

Una celebrazione sobria ma intensa, pur senza il rito della processione delle palme, come prevedono le norme stabilite dalla Chiesa per questo tempo.

L’omelia del vescovo Michele:

Nella Passione di Cristo converge tutta la sua vita: il suo insegnamento, la chiamata dei discepoli, la prima comunità dei cristiani attorno a Gesù, tutto culmina in questo racconto. Vi troviamo la fedeltà di Dio, le emozioni profonde di Gesù, la sua comunione con i discepoli e la debolezza di questi ultimi, il rinnegamento di Pietro e il tradimento di Giuda, gli interessi dei capi del popolo e le loro accuse, la politica e le leggi dei romani, il giudizio.

Il mistero stesso della storia dell’umanità ci è stato esposto, presentato, e costituisce fino ad oggi lo specchio delle nostre fatiche, delle nostre infedeltà, della nostra mancanza di coraggio.

A questo punto, non abbiamo bisogno di un commento, non serve una predica. Il mistero va soltanto contemplato.

Voglio soltanto ascoltare di nuovo con voi la parola di Gesù sulla croce che il Vangelo di Matteo ci consegna: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”

È l’inizio del Salmo 22, è la grande, antica preghiera di chi si trova nel dolore e nella prova, che Gesù trova nelle Scritture e fa sua, portando così persino l’esperienza del silenzio di Dio all’interno della sua stessa relazione con Dio Padre.

Gridare a lui ora è possibile anche a ciascuno di noi, perché Gesù ha vissuto ogni prova, ogni abbandono e lo ha portato con sé, per così dire, nella vita stessa di Dio.

“Fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi”: così proclameremo fra poco nel credo: davvero discese agli inferi, nelle molte esperienze di male e di morte di uomini e donne di ogni tempo, anche del nostro tempo, anche prima, al di là, persino oltre il dramma della pandemia. Gli abissi dell’abbandono e del male sono stati visitati da Gesù, e in essi il suo grido esprime ancora una volta l’affidarsi al Padre: egli grida “Dio mio, Dio mio” proprio perché il Padre continua ad essere il suo Dio.

Prima ancora che alle nostre domande, la croce mostra e realizza la risposta di Dio al nostro bisogno di vita: la croce non è un simbolo, utile per spiegare sofferenze di per sé inesplicabili. Non abbiamo bisogno di Gesù per spiegare ciò che succede o per esprimere la nostra ribellione di fronte alle sofferenze del mondo. La croce apre un cammino di vita per un popolo, per la comunità di coloro che guardano al Signore crocifisso a partire dalla propria esperienza e in lui scoprono Dio e il suo amore.

La croce di Cristo costituisce un popolo che non chiede nemmeno la spiegazione delle inesplicabili sofferenze, proprio perché ha scoperto che di fronte alle tragedie della vita c’è bisogno di amore, non di spiegazioni. Il nostro compito, un compito che la croce rende possibile e al quale essa ci interpella, è essere presenti gli uni agli altri quando scopriamo che da soli non possiamo fare nulla per salvarci, ma che nell’amore ci salveremo tutti.

Qui in terra, e per la vita eterna.

Domani la preghiera del vescovo Michele, da solo, in cimitero

Anche il nostro Vescovo, in comunione con gli altri vescovi italiani, venerdì 27 marzo sarà nel cimitero cittadino di San Lazzaro, a Treviso, per un momento di preghiera per i fedeli defunti e una benedizione alle tombe.

Un segno eloquente voluto dalla Chiesa italiana: “I Pastori, che ne hanno la possibilità – sottolineava una nota della presidenza della Cei dei giorni scorsi -, si recheranno da soli a un cimitero della propria diocesi per un momento di raccoglimento, di preghiera e benedizione. L’immagine dei mezzi militari, che trasportano le bare verso i forni crematori rende in maniera plastica la drammaticità di quello che il Paese vive. Per il rispetto delle misure sanitarie, tanti di questi defunti sono morti isolati, senza alcun conforto, né quello degli affetti più cari, né quello assicurato dai sacramenti”.

“Le comunità cristiane – continua la nota -, pur impossibilitate alla vicinanza fisica, non fanno mancare la loro prossimità di preghiera e di carità. Tutti i giorni i sacerdoti celebrano la S. Messa per l’intero popolo di Dio, vivi e defunti. L’attesa è per la fine dell’emergenza, quando si potrà tornare a celebrare l’Eucaristia insieme, in suffragio di questi fratelli”.

L’intenzione è quella di affidare alla misericordia del Padre tutti i defunti di questa pandemia, nonché di esprimere in questo modo la vicinanza della Chiesa a quanti sono nel pianto e nel dolore per la perdita dei propri cari.

Sarà questo ‘il Venerdì della Misericordia’ della Chiesa italiana; un Venerdì di Quaresima, nel quale lo sguardo al Crocifisso invoca la speranza consolante della Risurrezione.

Il nostro Vescovo si recherà alle 10 nel cimitero centrale di Treviso. I fedeli che lo desiderano potranno raccogliersi in preghiera in quello stesso momento, nelle loro case, affidando all’amore e alla misericordia del Padre tutte le persone che sono morte in questo periodo.

Si ricorda che non è possibile recarsi nei cimiteri in questo periodo.

 

Vescovi del Nordest: solidali con chi soffre, sostegno alla vita di fede delle famiglie

Riunione inedita per i Vescovi della Conferenza Episcopale Triveneto che si sono “incontrati” ed hanno dialogato nella mattinata di oggi – martedì 24 marzo 2020 – con la modalità della videoconferenza, ognuno di loro collegato dalle rispettive sedi e case.

I Vescovi – confermando quanto già scritto nel messaggio inviato lo scorso 6 marzo – insieme ai sacerdoti e alle rispettive Diocesi rimangono vicini e profondamente solidali alle sofferenze, alle fatiche e alle molteplici difficoltà che stanno vivendo tante persone e famiglie del Nordest in questo lungo momento di travaglio comunitario, dai gravi riflessi anche di carattere economico e sociale.

Vista l’attuale situazione, i Vescovi hanno convenuto sulla necessaria opportunità di continuare ad accompagnare e favorire – con tutti gli strumenti oggi disponibili – la preghiera e la vita di fede delle persone e delle famiglie e di rinviare a data ancora da destinarsi i sacramenti delle prime comunioni e delle cresime che sono generalmente previsti nelle parrocchie dell’intera regione ecclesiastica nelle prossime settimane.

Presto indicazioni per la Settimana Santa

I Vescovi si sono confrontati, in modo particolare, sulle disposizioni comunicate dalla Penitenzieria Apostolica circa l’esercizio del sacramento della confessione e la concessione di speciali indulgenze ai fedeli nell’attuale situazione di pandemia da coronavirus. E si sono scambiati impressioni e valutazioni sull’auspicata organizzazione comune delle celebrazioni della Settimana Santa, del Triduo Pasquale e della Pasqua in queste condizioni di emergenza, in attesa anche di ricevere e fornire possibili indicazioni unitarie nei prossimi giorni. Fondamentale – è stato ribadito – rimane il riferimento nella comunione al Santo Padre e il legame di sintonia e reciproco richiamo che sussiste sempre tra la Chiesa universale e le Chiese particolari.

I Vescovi hanno voluto, quindi, esprimere rinnovata gratitudine e riconoscenza per quanti si spendono con generosità e totale dedizione nei diversi ambiti civili ed ecclesiali per fronteggiare l’attuale emergenza (medici, infermieri e personale socio-sanitario, politici ed amministratori, forze dell’ordine e protezione civile, addetti ai servizi essenziali, operatori e volontari che stanno garantendo i servizi di carità ed assistenza delle Caritas diocesane e di altre realtà affini verso i più poveri e fragili ecc.).

Nel costante ricordo e conforto della preghiera i Vescovi manifestano solidarietà alle comunità e alle Chiese del resto d’Italia, d’Europa e del mondo più colpite e afflitte dalla pandemia in atto, con una supplica speciale per le tante persone decedute – spesso in condizioni molto “anonime” e solitarie – e per i loro familiari.

Un sentito pensiero di amicizia e vicinanza – espresso anche attraverso un messaggio che verrà trasmesso all’Arcivescovo metropolita di Zagabria – è stato poi rivolto alle Chiese sorelle della Croazia visitate un anno fa dai Vescovi del Nordest italiano e toccate nei giorni scorsi da un forte terremoto.

I Vescovi del Nordest si sono, infine, dati appuntamento nei prossimi giorni per un’ulteriore riunione in videoconferenza.

“Preghiamo insieme, affinché possiamo tornare al più presto ad una vita di cui avremo imparato a sentire il gusto e il sapore” la messa del Vescovo con affidamento a Maria

Messa del vescovo Michele oggi, nella III domenica di Quaresima, 15 marzo 2020, dal santuario mariano di Madona Granda, con la preghiera di affidamento della diocesi a Maria. Ecco l’omelia:

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Da molti giorni sembra che non riusciamo più a parlare d’altro: la diffusione della malattia con i suoi dati quotidiani, il numero dei nuovi contagi, quello delle persone che riescono a guarire; purtroppo anche il numero delle persone che muoiono per cause legate al virus. Una contabilità che soprattutto in quest’ultimo caso non riesce a nascondere, dietro all’apparente esattezza dei numeri, il fatto che ogni caso è coinvolta una persona, una serie di relazioni, delle famiglie, dei cari che sono colpiti dal lutto, dal pianto dal dolore. Sono vicino a tutti coloro che piangono una persona cara con la mia preghiera, con quella di sacerdoti e dei diaconi, dei religiosi e delle religiose, dei fedeli in tutta la diocesi.

Certo, al momento non parliamo quasi d’altro.

Questa sospensione sta toccando ogni aspetto della vita di tutti noi, siamo finalmente consapevoli dell’unicità del momento che stiamo vivendo. Ma anche in questa situazione, direi forse proprio in questa situazione ci risulta evidente come non mai che la nostra vita non è soltanto questo, che essa non si può descrivere solamente con le avversità che dobbiamo affrontare.

Scopriamo quanti siano gli ingredienti che danno sapore alle nostre esistenze, quanto sia importante potere uscire, scegliere dove andare, cosa fare, quanto abbiamo bisogno di incontri, di scambi, di relazioni, anche di contatto umano. Si tratta di tante piccole e grandi esperienze della vita di cui ci rendiamo conto soltanto nel momento in cui vi dobbiamo rinunciare.

Proviamo però ad andare ancora avanti in questo cammino di scoperta: la nostra vita quotidiana – quella “normale”, quella a cui ora stiamo rinunciando – è racchiusa in un orizzonte finito, in un limite che di solito non vediamo, perché siamo concentrati su tanto altro. Ora che rallentando vediamo quel limite, quell’orizzonte attorno a noi, ci possiamo porre la domanda di sempre, quella che però faticava a venire in superficie nella frenesia dei giorni: che senso ha la nostra vita? Che cosa la rende unica, che cosa ci può spingere a viverla in pienezza? Nel Vangelo di oggi abbiamo appena ascoltato il racconto di una risposta a questa domanda. Lasciamoci allora raggiungere per questo attimo, da una Parola che esca dal quotidiano, anche dal quotidiano così drammatico che ci assilla.

C’è un incontro tra due seti, nell’episodio del dialogo tra Gesù e la samaritana al pozzo di Giacobbe. Nel mezzogiorno assolato di Palestina Gesù arriva affaticato dal viaggio e si siede vicino al pozzo. Arriva anche una donna – è strano che arrivi a quest’ora: di solito al pozzo si va la mattina, o la sera, e ci sono tante persone, che chiacchierano e si intrattengono tra loro.

E c’è Gesù che chiede da bere. E c’è la samaritana, con la sua anfora, ad attingere acqua. Queste due seti fisiche sono il punto di partenza. Ma sono solamente un punto di partenza. Alla fine, non si dirà nemmeno che Gesù abbia bevuto; della donna si dice che lasciò l’anfora per andare in città a raccontare la sua esperienza. Lui non beve, lei lascia l’acqua. Hanno incontrato ambedue qualcosa di più importante e di decisivo. Il bisogno fisico, il bere il mangiare – gli apostoli intanto erano andati a comprare il cibo, ma anche questo non interessa Gesù – il muoversi, il produrre, il costruire, il progettare: sono tutti punti di partenza importanti certo, ma che verranno messi da parte, da Gesù e dalla donna. Forse anche da noi. Gesù offre qualcos’altro e a ciascuno assicura: “l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”.

Una sorgente di acqua viva in me, in noi. Acqua che toglie la sete di senso, acqua che rende possibile un incontro vero, che rinfresca e fa fiorire la vita: è l’amore stesso di Dio che viene “riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rom 5,5) – lo abbiamo sentito nella seconda lettura. La donna ha riconosciuto, poco prima, che Gesù è un profeta, un uomo di Dio, uno che sa leggere la storia al di là delle apparenze con la sapienza stessa di Dio. Poi ella gli chiede quale sia il luogo in cui adorare Dio: qual è il luogo di Dio nella mia vita? Dove si manifesta la sua presenza, dove posso essere sicuro che sono voluto, amato? Dove è il luogo in cui deporre la mia vita affinché non vada perduta, dove riceve un profumo ed una sostanza di eternità?

Questo luogo è “Spirito e verità”.

“Lo Spirito è la forza di amore che può sollevare l’essere umano nella sfera in cui è possibile l’incontro con Dio. Il luogo dello spirito è la verità” (Lilia Sebastiani). È in questa profonda e radicale verità che possiamo essere autentici, che possiamo guardare con realismo alla nostra vita: fragile, vulnerabile, destinata al passaggio della morte, certo, ma anche stupenda, meravigliosa, miracolosa, capace di riempire ogni cuore, di ricostruire ogni relazione, di aprirsi all’amore vero, di lasciarsi donare ad un’eternità di pace e di pienezza.

“Se cerchi il luogo di Dio, il suo luogo è il tuo cuore puro” (Franco Mosconi). Un cuore che sappia cogliere la vita con lo sguardo stesso di Dio, che in ogni situazione sappia cogliere quel germoglio di eternità che aspetta solo di sbocciare, la dignità che va protetta, l’occasione di bene che in essa può ancora essere colta. Un cuore che sappia donarsi senza risparmio, e senza pretesa di tornaconto. Un cuore che dimentichi sé stesso perché sente che quell’acqua viva che ne sgorga l’attraversa con la freschezza dello Spirito e non può essere fermata, o sprecata, o bloccata. Il cuore di chi serve nell’abnegazione: quanti esempi ne stiamo vedendo da più parti in questi giorni.

È in questo cuore che troviamo il Signore Gesù Cristo che è in noi, accanto a noi, davanti a noi, dietro di noi. In Spirito e verità. Troviamo la fonte di acqua viva nella Parola di Dio – che è fonte di vita e di significato, che dobbiamo continuare ad interrogare, senza sosta, per sentire la voce di Dio nella nostra vita, nella nostra storia. Dio ha sete di incontrarmi: io ho sete della sua Parola?

Lo possiamo trovare nell’Eucaristia. Eucaristia che noi preti continuiamo a celebrare, per tutti, certo, e nello Spirito sicuramente insieme con tutti: ma che dolore non poterla celebrare con il popolo, non poter essere fisicamente il corpo di Cristo visibile nella storia e che si raduna nella celebrazione della Messa.

Lo possiamo trovare nello spirito e nella verità, nella preghiera, nell’adorazione, nella solidarietà di piccoli gesti e di grandi eroismi. Perché è proprio nelle relazioni che lo possiamo ancora trovare, nell’amore che proviamo e che, nei fatti, viviamo e rendiamo vivo e reale.

Preghiamo insieme, affinché possiamo tornare al più presto ad una vita di cui avremo imparato a sentire il gusto e il sapore, sapore di acqua fresca, zampillante nell’arsura della sete, sapore di una vita quotidiana vissuta nell’intensità dell’amore vero, sapore di pane, di terra e di cielo.

Signore, noi diciamo con i samaritani del Vangelo: “Non è più per discorsi di altri che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che tu sei veramente il salvatore del mondo”.

Donaci Signore di fare esperienza di te. Facci vivere nel luogo del tuo amore.

Signore Gesù, continua ad abitare in noi.

 

Il video della celebrazione

Messaggio del Vescovo per il Mercoledì delle Ceneri e la Quaresima

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

questa mia prima Quaresima in mezzo a voi incomincia in modo del tutto inaspettato. La diffusione del Coronavirus (COVID-2019, così viene chiamato ufficialmente) richiede a tutti i cittadini nella nostra regione, in tutto il Paese, e quindi anche alla comunità cristiana della nostra Diocesi di comportarsi in maniera responsabile per permettere di bloccarne il contagio. Per questo anche la Diocesi segue con fiducia quanto deciso dalle pubbliche autorità con le indicazioni date a tutti nella giornata di domenica scorsa.

Vi assicuro che non è certo a cuor leggero che la diocesi ha stabilito la “sospensione della celebrazione pubblica di S. Messe, incluse quelle del Mercoledì delle Ceneri e domenicali, e di sacramenti (compresi Battesimi, Prime Comunioni e Cresime), sacramentali, liturgie e pie devozioni quali la Via Crucis”. La celebrazione dell’Eucaristia, la preghiera e l’ascolto della Parola comunitarie, l’incontro tra fratelli e sorelle nelle varie forme sono dimensioni fondamentali della nostra vita di discepoli di Cristo. Questo momento in cui vi chiedo di rinunciarvi ci fa sperimentare con dolore, ma anche con la sorpresa di chi scopre qualcosa di nuovo ed inatteso, quanto tutto ciò ci sia importante e necessario per la nostra vita, al di là di ogni convenzione o abitudine.

Ma è proprio ora che ci risulta chiaro ed urgente il bisogno della preghiera, del rapporto fiducioso e filiale con Dio Padre, l’affidamento a Cristo nostro Signore e fratello, l’invocazione dello Spirito che ci sostiene con il suo soffio di vita. Prendiamoci pertanto con più impegno, in questi giorni “speciali” che pure ci introducono nella Quaresima, del tempo per pregare, là dove siamo, così come siamo, a casa, in famiglia, da soli. Siamo legati e uniti tra noi nel Signore e Lui non ci lascia mai da soli. Questa forzata rinuncia ci faccia scoprire quanto sia importante l’incontro dell’assemblea dei cristiani e ci spinga in futuro a ritrovarci con gioia e gratitudine.

I sacerdoti che celebreranno senza l’assemblea lo faranno per tutti e tutti potranno partecipare con la preghiera e nello spirito alla celebrazione del sacrificio di Cristo: il Signore risorto è vivo ed è presente tra noi.

Prendiamoci dei momenti da dedicare alla lettura delle Scritture, alla meditazione e all’ascolto della Parola di Dio. Come ho già ricordato nella lettera in occasione della giornata della Parola, “nelle Scritture è Dio che ci parla”. In comunione con tutte quelle chiese in tutto il mondo dove spesso non è possibile la celebrazione dell’Eucaristia, facciamo esperienza dell’ascolto del Dio vicino che parla con noi, che si comunica a noi, che continua a riunire la sua Chiesa nell’amore.

Preghiamo allora per le nostre necessità, per i piccoli e i poveri, per le persone sole che rischiano più di altre di portare il peso di questo momento difficile. Preghiamo per i medici e per tutto il personale sanitario, cui diamo la nostra fiducia ed il nostro sostegno. Il libro biblico del Siracide ci ricorda infatti: “Onora il medico per le sue prestazioni, perché il Signore ha creato anche lui. Dall’Altissimo infatti viene la guarigione, e anche dal re egli riceve doni” (Sir 38, 1-2). L’affidamento alle indicazioni dei medici è partecipazione alla fiducia piena in Dio, perché la loro opera fa parte del dono della creazione.

Preghiamo anche per chi deve prendere difficili decisioni per il bene comune, per tutti i nostri amministratori, perché ricevano fortezza e sapienza, come già ci insegna l’apostolo Paolo: “raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio” (1 Tim 2, 1-2).

Vi accompagno tutti con la mia preghiera, e con voi mi affido al Signore nostro Dio, amante della vita. La comunione tra noi che il Signore ci dona sia forte e ci sostenga. Continuiamo a prenderci cura gli uni degli altri, rimaniamo solidali con tutti e chiediamo il dono della speranza, contro ogni paura che ci possa colpire.

Poniamo in questa Quaresima gesti concreti di conversione, di rinnovamento della nostra vita. Camminiamo insieme verso la Pasqua, glorifichiamo il Signore con la nostra vita.

 

Treviso, Mercoledì delle ceneri 2020

 

+ Michele, Vescovo