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Il Seminario al centro di una grande alleanza formativa: il Messaggio del Vescovo per la Giornata

In occasione della giornata del Seminario di quest’anno parto da un ringraziamento: grazie a don Giuliano Brugnotto che ha svolto l’incarico di Rettore del Seminario sino a settembre di quest’anno e grazie a don Luca Pizzato che ha accettato di ricoprire da allora in avanti questo importante ruolo. Assieme a loro ringrazio anche gli educatori e – sempre da quest’anno – le educatrici che partecipano all’impegno formativo, senza dimenticare le tante persone che contribuiscono con il loro lavoro alla vita del Seminario, dipendenti e volontari. Per poter essere un Seminario diocesano all’altezza dei tempi serve davvero un grande sforzo corale, fatto di generosità spesso nascoste, ma indispensabili. A tutti, grazie di cuore.

Don Luca ci ha ricordato la settimana scorsa su queste pagine che tutta la comunità cristiana è il soggetto che accompagna i giovani nel cammino di scoperta e di approfondimento della propria vocazione, nell’ascolto cioè di quella voce interiore che è capace di aprire un cammino di vita che porti a dare forma a un desiderio di pienezza e di vita.

La dimensione vocazionale è veramente centrale nella vita dei cristiani. È esperienza che scaturisce direttamente dalla fedeltà di tutta la Chiesa alla Parola di Dio che la interpella quotidianamente, nelle Scritture sante e nella storia degli uomini. Come ha annotato Luigino Bruni: “Potremmo riscrivere l’intera Bibbia come un susseguirsi di storie di persone che hanno seguito una voce che le chiamava”.

Ogni vicenda che veda una scelta e un’accettazione consapevole del proprio compito e del proprio contributo al bene di tutti riceve il suo sigillo e trova il gusto del proprio significato nel comprendersi come una risposta alla chiamata di quella voce interiore.

Il Seminario contribuisce con il proprio specifico servizio, accompagnando ragazzi e giovani in questo comune cammino di ascolto e di discernimento, e poi nel particolare percorso di quei giovani uomini ai quali la voce suggerisce di stabilire un legame con Gesù Cristo nel servizio da presbiteri alla comunità cristiana. In questo caso quella voce – talvolta quasi un sussurro, comunque sufficiente per smuovere una ricerca, a tratti appassionata, e tutta l’intensità di giovanili generosità – richiede e mostra come possibile il dono di tutta la vita, affinché essa sappia mettersi interamente a disposizione della crescita della comunità intera. Il periodo del Seminario deve aiutare ad ascoltare questa voce, a dare un nome al proprio desiderio e ad incarnare nell’oggi della Chiesa un sogno, un’aspirazione.

Il Seminario è una comunità ecclesiale molto particolare, e non può essere altrimenti: tanto tempo deve essere dedicato allo studio e all’acquisizione di competenze necessarie per un presbitero, oggi più che mai. I seminaristi dovranno trovare però anche una comunità che li aiuti ad assimilare i contenuti in modo originale e creativo, per arrivare ad una personale sintesi che illumini e sostenga la loro disponibilità a mettersi in gioco. In un tempo della storia e della Chiesa come il nostro non ci si può affidare a ricette di nessun tipo, servono invece fedeltà creativa e collaborazione matura e adulta.

Per tentare di raggiungere questi obiettivi il Seminario non può rimanere da solo, ma deve essere al centro di una grande alleanza formativa che coinvolga le comunità parrocchiali, gli organismi diocesani e tutti i fedeli in modi differenti sì, ma che non escludano nessuno. Il periodo trascorso in Seminario deve essere di intensa immersione nella vita della Chiesa e nel tempo di oggi – con le sue contraddizioni, le sue ricchezze e potenzialità – in un contesto di cambiamento veloce e profondo. Il Seminario ha bisogno di tempi e di percorsi propri, certamente, ma non può essere isolato dal resto della Chiesa in cammino o dalle vicende del proprio tempo, se vuole contribuire a formare presbiteri che sappiano essere a servizio vitale del popolo di Dio.

Il Seminario accompagna i giovani che si sentono chiamati alla scoperta dei «segni dei tempi» che li motivino a cogliere la presenza viva di Cristo crocifisso e risorto nei Sacramenti, nella Parola letta, studiata e pregata, nella comunità, nelle richieste e negli aneliti del nostro tempo, nel grido dei poveri e del creato. Non potrà svolgere questo compito senza la collaborazione di noi tutti, anche noi in continuo ascolto di quella voce che ci chiama, che ci stimola, che ci invita a vivere oggi l’eccedenza di vita promessa in ogni pagina di Vangelo. Prendendoci cura della formazione dei futuri presbiteri ci prendiamo cura di tutta la Chiesa. Anche questa è una forma, concreta e feconda, di sinodalità.

+Michele, Vescovo    

 

Giornata del Seminario: una comunità che accompagna

Da settembre il nostro vescovo Michele mi ha affidato il compito di rettore del nostro Seminario vescovile. Non nascondo che questa responsabilità un po’ mi intimorisce, tuttavia ciò che mi consola è che l’impegno di accompagnare i giovani e i ragazzi nella ricerca della volontà di Dio è portato avanti da “una comunità educante” che si sforza di camminare insieme.

Tra i verbi che sintetizzano quanto ciascuno può fare per il Seminario e per il servizio di discernimento vocazionale voglio sottolineare l’importanza di scoprire la responsabilità di accompagnare giovani e ragazzi nella ricerca della volontà di Dio per la loro vita. Farsi presente, sostenere e accompagnare l’itinerario verso scelte autentiche è, dunque, per la Chiesa tutta un modo di esercitare la propria funzione materna generando alla libertà dei figli di Dio.

Le scelte
In questo nostro tempo, caratterizzato da un pluralismo sempre più evidente e da una disponibilità di opzioni sempre più ampia, il tema delle scelte si pone con particolare forza e a diversi livelli, soprattutto di fronte a itinerari di vita sempre meno lineari e caratterizzati da grande precarietà. Accompagnare per compiere scelte valide, stabili e ben fondate è, quindi, un servizio di cui si sente diffusamente la necessità e che riguarda l’intera comunità dei credenti, nessuno escluso.
Paola Bignardi, coordinatrice dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, ci ricorda che «una delle sofferenze che portano (i giovani) è un sottile senso di solitudine, perché sentono che la generazione adulta non è disposta o non è preparata a essere un punto di riferimento per loro». Accompagnare personalmente un giovane è rispondere alla chiamata della vita, della propria vita. Esserci è generare alla vita. E’ trasmettere una vita capace di futuro. E’ dunque la comunità nel suo insieme il soggetto primo dell’accompagnamento, proprio perché al suo interno si sviluppa quella trama di relazioni che può sostenere il giovane o il ragazzo nel suo cammino e fornirgli punti di riferimento e di orientamento anche in riferimento al desiderio di diventare prete.

I semi e il terreno buono
Accompagnare non significa guidare i giovani come se questi fossero seguaci passivi, ma camminare al loro fianco, consentendo loro di essere i protagonisti della loro vita. Rispettare la libertà personale fa parte del processo di discernimento di un giovane. Un accompagnatore dovrebbe essere profondamente convinto della capacità di un giovane di prendere parte alla vita della Chiesa e coltivare i semi della fede nei giovani, senza aspettarsi di vedere immediatamente i frutti dell’opera dello Spirito Santo ma continuando ad adoperarsi a preparare un terreno buono cosicché il mistero della vocazione trovi la sua strada.

Nuovi percorsi da forgiare
A questo riguardo siamo chiamati tutti, comunità parrocchiali e Seminario, a essere creativi come gli artigiani forgiando percorsi nuovi e originali, una creatività dell’amore in grado di ridare senso al presente per aprirlo a un futuro migliore. Un impegno necessario al quale siamo chiamati tutti a dedicare nuove energie, senza cedere allo scoraggiamento.

don Luca Pizzato, rettore

Ministeri di lettore e accolito il 25 marzo a san Nicolò. In aprile Carlo Breda sarà diacono

La famiglia del Seminario di Treviso annuncia con gioia che il Vescovo ha scelto di conferire il ministero del lettorato a Mattia Gardin, originario di Liedolo di S. Zenone degli Ezzelini, e in servizio pastorale a Salzano, e a Luca Volpato, della parrocchia di Ballò di Mirano, in servizio pastorale a S. Martino di Lupari. Inoltre, ha ammesso al ministero dell’accolitato Amos Patarini, di S. Giuseppe di San Donà, in servizio nella parrocchia della Pieve di Castelfranco. La celebrazione eucaristica con il conferimento dei ministeri si terrà giovedì 25 marzo, alle 19, nel tempio di San Nicolò.

Il lettore è “custode e servo della Parola”, chiamato a custodirla meditandola e lasciandosi da essa illuminare, e impegnandosi nello studio della Sacra Scrittura. Contemporaneamente riceve la missione di annunciare la Parola di Dio proclamandola nella liturgia, ma anche diventandone testimone nella vita quotidiana. All’accolito viene richiesto di servire all’altare e di distribuire l’Eucaristia.

Mons. Tomasi ha inoltre annunciato l’ordinazione diaconale, nel prossimo mese di aprile, di Carlo Breda, della parrocchia di Catena di Villorba, in servizio pastorale a Castello di Godego.

“In questa occasione di gioia chiediamo la fraterna preghiera di tutti per questi giovani e per il nostro Seminario” dice il rettore, mons. Giuliano Brugnotto.

 

Gruppi vocazionali in Seminario: inizia “Tutto x Te”

Che ci siano in giro ragazzi che ci tengono all’amicizia con Gesù, che non hanno paura di mettersi in gioco con Lui? Che ci siano ragazzi pronti all’avventura per scoprire la voce di Gesù e seguirlo? Che domande!? Certo che ce ne sono! Per questo domenica 13 ottobre in Seminario inizia il cammino dei gruppi vocazionali, per tutti i ragazzi dalla 5ª elementare alla 2ª media, assieme al gruppo Stella polare dei giovanissimi delle superiori, per condividere la bellezza di un cammino che aiuta a crescere. Con noi ci sarà anche il nostro nuovo pastore, il vescovo Michele Tomasi, che darà il via alla festa con la preghiera e la benedizione alle ore 9.30. Un’occasione da non perdere! La giornata di domenica sarà solo l’inizio del percorso dell’anno, che vedrà i ragazzi ritrovarsi una volta al mese, in Seminario, per fare esperienza di ascolto, amicizia e gioco insieme, con lo stile di Gesù e dei suoi discepoli. Da quest’anno in particolare una domenica al mese sarà “domenica vocazionale per i ragazzi” dei gruppi di 5ª elementare e 1ª e 2ª media mentre un’altra sarà “domenica vocazionale per gli adolescenti” con il gruppo di 3ª media e quello delle superiori. Il titolo del percorso dell’anno è “Tutto x Te!”, parole che vogliono richiamare la generosità di uno dei primi ragazzi “amici di Gesù”, quello di cui ci racconta il Vangelo di Giovanni al capitolo 6, quando di fronte alla folla Gesù sente compassione e spunta un ragazzo pronto a condividere la propria merenda. Sembrerà poco, ma è stato lui il primo a mettersi in gioco col Signore, scoprendo che Gesù assieme a noi vuole dire a ogni fratello e sorella nel mondo: “tutto x te!”. L’appuntamento è alle 9 nella Comunità Ragazzi del Seminario. Alle 14.15 ci sarà la Messa a cui sono invitate tutte le famiglie. Nel sito del seminario si possono trovare altre informazioni e il calendario dell’anno. Ancora meglio però è chiedere ai don della parrocchia, alle catechiste, agli educatori o ai capi scout. Scoprire la voce di Gesù è un’avventura da ragazzi coraggiosi! Vi aspettiamo in tanti!

(don Andrea Caratozzolo, animatore vocazionale)

Domenica 21 in Seminario la festa di inizio dei Gruppi vocazionali

Fervono i preparativi per la grande festa che segna l’inizio dei Gruppi Vocazionali 2018-2019 aperti a tutti i ragazzi dalla quinta elementare alla seconda media.
Ad attenderli una giornata di gioia nella preghiera e nel gioco. Sono questi gli ingredienti fondamentali di questa esperienza, che continuerà poi fino a giugno con incontri mensili ed esperienze forti a misura di ragazzo.
Il luogo di ritrovo e festa è il nostro Seminario vescovile ed in particolare la Comunità Ragazzi che quest’anno festeggia quarant’anni dalla sua nuova forma.
Il bello di questo cammino è poter condividere con altri ragazzi della stessa età e più grandi la profondità dell’amicizia con Gesù e aprire il cuore a ciò che lui sogna per ciascuno di noi.
Il tema che accompagnerà i passi dei gruppi di quest’anno è: “C’è più gioia!”. L’idea nasce dalle parole stesse di Gesù che san Paolo ci ha testimoniato negli Atti degli apostoli: “Si è più beati nel dare che nel ricevere” (Cfr. At 20,35). Assieme ai ragazzi ci lasceremo stupire dall’amicizia di Gesù che è una grande chiamata alla gioia per i discepoli di ogni tempo! Proprio lui, il Signore, sarà con noi nel cammino assieme a tanti amici Santi che prima di noi lo hanno seguito.
La grande festa di apertura dei gruppi vocazionali inizierà al mattino di domenica 21 ottobre alle ore 9 a Treviso, negli spazi del Seminario, mentre al pomeriggio alle ore 14.15 sono attesi anche tutti i genitori che ne hanno la possibilità per celebrare insieme l’Eucaristia e condividere i frutti della giornata con i loro figli.
Sono attesi tanti ragazzi, che ci tengono a Gesù e desiderano crescere nella sua amicizia, da tutte le parrocchie della Diocesi. Per ulteriori informazioni o per trovare le date dei futuri incontri da poter proporre ad amici, figli e nipoti è possibile visitare il sito del Seminario di Treviso e prendere contatto con don Andrea Caratozzolo, animatore vocazionale per i pre-adolescenti.
I gruppi vocazionali… la voce di Gesù accompagna i nostri ragazzi! Merita esserci!

Nuovi sacerdoti: un dono che stupisce

“L’ordinazione di un prete è una celebrazione dello stupore cristiano” ha detto il Vescovo che sabato 26 maggio ha ordinato sacerdoti Oscar Pastro e Francesco Bellato. Il Signore, infatti, opera grandi cose attraverso la piccola persona del prete, che arriva a donarsi con la stessa passione di Gesù, inviato al suo popolo.

Pubblichiamo l’omelia del vescovo Gianfranco Agostino Gardin pronunciata durante la celebrazione:

Fratelli e sorelle carissimi,

celebriamo le ordinazioni presbiterali nella solennità della Santissima Trinità, e potremmo dire che si tratta di un contesto liturgico particolarmente felice per questa celebrazione. La solennità della Trinità ci ricorda che per il cristiano tutto viene dal Padre, mediante il Figlio, nello Spirito Santo. Anche il dono del presbiterato che riceveranno Francesco e Oscar.

Certo, il pensiero che il sacerdote è chiamato a divenire strumento per gli uomini dei doni di Dio (del dono stesso che è Dio), lo intimorisce. È un timore ben comprensibile se accostiamo al Dio Uno e Trino, al Dio tre volte Santo, all’Eterno, al Dio mai totalmente conoscibile e dicibile, la piccola creatura umana che è il prete. Come non trepidare, noi sacerdoti, come non turbarci, pensando che il nostro ministero scaturisce dalla Trinità santa e deve condurre ad Essa?

Nella grande preghiera di ordinazione il vescovo dice: «Siano, o Padre, [questi presbiteri] fedeli dispensatori dei tuoi misteri». I “misteri di Dio” non sono tanto ciò che della sua identità è enigmatico, inafferrabile; sono la sua paternità, il suo amore infinito manifestato in Cristo, il suo disegno di salvezza che esprime, e nello Spirito Santo attua, il suo desiderio che tutti siano con Lui per sempre. Il sacerdote “dispensa” tutto questo, lo rende vita per la vita degli uomini.

Il magistero della Chiesa insegna che «lo Spirito Santo mediante l’Ordine pone i presbiteri nella Chiesa come servi della pienezza della vita cristiana di tutti i battezzati». Notiamo: non tanto organizzatori della vita ecclesiale, o gestori della vita parrocchiale: ma servi della pienezza della vita cristiana» (PDV 15). Potremmo dire: grazie a loro, ordinariamente, tutti possono essere raggiunti dalla vita trinitaria di Dio, che è totalità di amore (pensiamo al presbitero che annuncia il Vangelo e celebra i sacramenti).

E allora possiamo dire che, come sempre, il Dio cristiano ci stupisce. A me pare che già la celebrazione della Trinità sia la festa dello “stupore cristiano”. Abbiamo sentito lo stupore espresso dalle parole del Deuteronomio, nella prima lettura, che in sostanza diceva: ma quando mai è successo che un popolo abbia sentito parlare Dio e sia rimasto vivo? Come dire: la piccola creatura umana non può reggere all’incontro con il Dio immenso, creatore e signore del cielo e della terra! È troppo grande la distanza. E come mai con il nostro Dio questo è possibile? E dove si trova – diceva ancora il testo – un dio che si sia scelto una piccola nazione, amandola e custodendola, come ha fatto Dio con Israele? (cf. Dt 4,32-34).

Questo è un testo dell’Antico Testamento; ma noi, dopo la venuta di Gesù, possiamo aggiungere, con uno stupore ancora più grande: e che cosa diremo di un Dio che ha mandato suo Figlio tra noi a farsi uno di noi, anzi servo e crocifisso per noi? E in Lui ci ha resi fratelli, così, ci ha detto Paolo, da poter gridare: «Abbà! Padre!» (Rom 8,15). Ma potremmo poi aggiungere: e come è possibile che Dio scelga dei poveri uomini, peccatori come gli altri, per comunicare a tutti la pienezza della sua vita divina? In certa misura, anche l’ordinazione di un prete è una celebrazione dello stupore cristiano.

Anche se – permettetemi di dire – l’attenzione, o forse l’ammirazione e lo stupore, talora si sono troppo spostati dal Signore al sacerdote. E così si è usata per esempio, speriamo senza eccessivo autocompiacimento, l’espressione sacerdos alter Christus: il sacerdote è un altro Cristo, pensando ai cosiddetti “poteri” che gli sono conferiti: consacrare, assolvere, guidare, ecc. In verità, tale stupore più che farci dire: quanto è grande il prete; deve piuttosto farci dire: quanto è piccolo e sempre inadeguato il prete al confronto di ciò il Signore opera attraverso di Lui; quanto è grande, invece, la benevolenza del Signore che non teme di servirsi di questi strumenti modesti. Come direbbe Paolo: portatori di un immenso tesoro (il Signore) in fragili vasi di creta (le loro persone) (cf. 2Cor 4,7).

Del resto siamo aiutati a riconoscere la nostra povertà, noi ministri, proprio dal brano evangelico ascoltato. Di fronte a Gesù che si congeda dagli apostoli, essi – racconta Matteo – «si prostrarono»; però anche «dubitarono». Intanto sono undici, non più i Dodici: è dunque possibile la defezione, il tradimento; poi manifestano una fede debole, attraversata dal dubbio. Eppure – ecco lo stupore – il Risorto li invia. Li invia dicendo loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra» (Mt 28,18). È Lui che salva: ogni potere è suo, e questo libera gli inviati dall’assillo e dalla tentazione di attribuirsi poteri umani. E se qualcosa li assimila a Cristo non sono i poteri, ma ciò che caratterizza ed emerge con evidenza da tutta la storia di Gesù: il suo donarsi.

Il “donarsi” è necessariamente richiesto da quell’andate, fate discepoli, trasmettete la vita che scaturisce dalla Trinità (espressamente nominata: «battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»). ‘Andare’ vuol dire anche lasciare, vuol dire muoversi con la libertà e la leggerezza di chi non intende insediarsi, installarsi, ma è pronto a piantare la propria piccola tenda altrove, là dove c’è bisogno di fare discepoli. Con la formidabile convinzione che Lui “è con noi”, è con coloro che ha inviato, tutti i giorni. Ed è presente non come il solutore di ogni problema e il garante della riuscita di ogni iniziativa ecclesiale o pastorale, ma come Colui che spinge a servire, per riprendere le sue parole dette agli apostoli nel cenacolo: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve»(Lc 22,27), cioè come colui che lava i piedi, colui che si dona.

Ho letto con piacere – come faccio sempre in questa circostanza – le riflessioni offerte dai due ordinandi nella rivista del Seminario. Francesco ha messo l’accento sul “per sempre” della sua riposta alla chiamata di Colui, Gesù, che ama “per sempre”. È bello sentire questa voglia di fedeltà totale. Il “per sempre” della risposta dice un donarsi senza restrizioni, senza riserve. Oscar riferisce come si sia ritrovato in alcune parole inviategli come augurio: «Il posto di un sacerdote è la sua gente: in chiesa, per strada, in fabbrica, a scuola, ovunque ci sia bisogno di lui». E commenta: «Per anni ho chiesto al Signore quale fosse il mio posto nel mondo, e in quella semplice frase era racchiuso ciò che in questi anni ho scoperto». Grazie Francesco e Oscar.

Papa Francesco: «Per essere evangelizzatori autentici occorre anche sviluppare il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente (…). La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo. Lui vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato. Ci prende in mezzo al popolo e ci invia al popolo, in modo che la nostra identità non si comprende senza questa appartenenza» (EG 268).

Vi chiedo – è una richiesta e insieme un augurio – di amare fin d’ora la gente a cui sarete mandati, di immedesimarvi con quel popolo che sarà il vostro. È in mezzo al popolo santo di Dio che avete udito e accolto la chiamata, da lì venite, e lì avete incontrato, a partire dai vostri genitori e fino ai vostri formatori in Seminario, le molte persone che vi hanno aiutato a crescere, giungendo a dire un sì trepidante ma convinto.

E allora concludo esprimendo un conciso ma densissimo grazie a tutte queste persone; ma un grazie commosso lo diciamo anche a voi che avete dichiarato il vostro “eccomi”. Ma il grazie più grande va al Signore, che non finisce di stupirci.

Il Vescovo: Oscar e Francesco, umili strumenti di Colui che accoglie tutti

Messaggio pubblicato sulla “Vita del popolo” di domenica 27 maggio 2018

Sarà il legame di affetto o di amicizia con gli ordinandi, sarà che molti vi assistono per la prima volta, sarà che il rito si compone di alcuni gesti particolarmente espressivi, sta di fatto che nel celebrare le ordinazioni presbiterali avverto sempre la presenza di un’assemblea attenta e partecipe. Penso al coinvolgimento che suscitano alcuni momenti del rito, come per esempio quello della prostrazione a terra degli ordinandi durante il canto delle litanie dei Santi, o quello dell’imposizione delle mani da parte di un grande numero di sacerdoti, o ancora quello della vestizione dei paramenti sacerdotali, o dell’unzione delle mani con il crisma…

C’è però un momento, forse meno appariscente di altri, che potrebbe passare più inosservato: è quando il vescovo pone nelle mani dell’ordinato il calice con il vino e la patena con il pane che verranno consacrati nella stessa celebrazione eucaristica, dicendogli: «Ricevi le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore».

Confesso che quel gesto e quelle parole mi emozionano. «Renditi conto»: il pane e il vino che hai in mano diventeranno tra poco il suo corpo donato e il suo sangue versato, amore totale per ogni uomo; ebbene, lo diventeranno grazie al tuo ministero perché tu li metta a disposizione di tutti. San Paolo direbbe: sei un “amministratore dei misteri di Dio”. C’è da tremare. E poi quell’«imita» l’Eucarestia che celebri, «conforma la tua vita» al Crocifisso: il donarsi di Gesù è il tuo riferimento primo, assoluto, decisivo. Sui futuri preti il vescovo aveva usato prima formule quasi solo invocative: Signore, colmali di doni, custodiscili, siano degni, siano fedeli… Ora si esprime con un imperativo, un comando netto. Parole dunque che non si possono “decaffeinare” riducendole ad uno sbiadito “vedi un po’ se riesci a imitare Cristo”, o ad un “sarebbe bello che la tua vita manifestasse qualcosa della vita di Gesù”. No: imita, conforma! A pensarci bene, viene da dire che il neo ordinato, alla fine del rito – mi si conceda la battuta – viene messo a k.o., fuori combattimento. Dovrebbe venirgli la voglia di prostrarsi nuovamente a terra, chiedendo la replica delle litanie dei Santi, e di dire all’assemblea: per favore, non applausi, ma preci.

Ma devo anche osservare che l’ultimo gesto del rito, che avviene subito dopo, è assai simpatico: il neo-ordinato riceve l’abbraccio del vescovo dei sacerdoti presenti (e molti abbracciano con grande calore). Questo abbraccio non è una specie di cameratesca “pacca sulle spalle” per aiutare a riprendersi dal k.o. sopra ricordato. È come se i fratelli preti – ma anche il vescovo, il primo ad abbracciare l’ordinato –, oltre a dare ai nuovi sacerdoti il benvenuto nel presbiterio diocesano, dicessero: l’impegno che assumi è esigente, non c’è dubbio; ma ricordati che il Signore conosce fino in fondo la tua povertà e la tua fragilità, come conosce le nostre. Ma ti ha scelto così, anche con i tuoi limiti, e ti ha scelto senza storcere il naso, pensando: “purtroppo non ho trovato di meglio”. Si fida di te. Questo gli dicono, con il loro abbraccio, i preti di cui egli diviene fratello; e glielo dicono tutti, “a cominciare dai più vecchi” (come viene detto nel celebre episodio evangelico dell’adultera), i quali hanno maggiormente sperimentato che il Signore non licenzia affatto, irritato, i suoi servi segnati dalla fragilità. Gli dicono: coraggio, devi mettercela tutta ad imitarlo e a disegnare la tua vita sulla sua; ma sappi che Lui è accoglienza, misericordia, pazienza, benevolenza; si fa compagno di strada, lava i piedi, fascia le ferite. Perciò quell’«imitalo e conforma la tua vita alla sua» ti chiede soprattutto di fare con tutti quello che Lui fa con te: e dunque anche tu accogli, comprendi, tendi la mano, ascolta, accompagna, riconcilia, perdona. «Infatti – ci ricorda la Lettera agli Ebrei – non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze» (Eb 4,15).

E allora facciamoglielo questo applauso ai neo-ordinati, pieno di affetto, non perché si glorino dei “poteri” loro conferiti che altri non hanno, ma perché si facciano serenamente umili strumenti della sua misericordia. E la loro umanità, plasmata ogni giorno su quella di Cristo servo, diventi sommessa allusione alla Sua santa umanità, che porta impressi i segni della passione redentrice.

Coraggio, carissimi Oscar e Francesco, è il Signore che vi ha scelti e Lui sa quello che fa.

† Gianfranco Agostino Gardin

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