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“Se continuiamo a essere comunità, saremo anche noi dei trasfigurati”: mons. Tomasi alla messa a un anno dall’inizio della pandemia

E’ il vangelo della Trasfigurazione di Gesù al centro dell’omelia del vescovo Michele, nella celebrazione di sabato sera, 27 febbraio, presieduta in cattedrale. Una messa parrocchiale, nella seconda domenica di Quaresima, alla quale hanno partecipato anche il sindaco di Treviso, Mario Conte, insieme alla Giunta e a molti consiglieri comunali, il questore, Vito Montaruli, il direttore generale dell’Ulss Marca Trevigiana, Francesco Benazzi, ai rappresentanti delle Forze dell’Ordine e a diversi volontari. Una celebrazione, semplice ma intensa, voluta per fare memoria di quest’anno vissuto nella pandemia.

“Pietro, Giacomo e Giovanni, dopo l’esperienza della Trasfigurazione, si chiedono che cosa vuol dire risorgere dai morti, come ha detto loro Gesù. Dopo quella esperienza, si pongono ancora questa domanda. Ma anche noi, dopo duemila anni che proclamiamo la resurrezione reale di Cristo dai morti, forse dovremmo chiederci che cosa vuol dire risorgere dai morti” ha sottolineato il Vescovo, un fatto “che cambia radicalmente la storia, per cui essa non è più in balia della morte, del male, della distruzione. E’ una convinzione radicata nella fede, la nostra, lo proclamiamo, ma va contro l’evidenza, contro ogni racconto d questo nostro tempo, di tutti i tempi”.

E ricordando questo tempo trascorso nella pandemia, il vescovo ha sottolineato “quanta fatica nell’esistenza, quanto male fisico, morale” sia stato sperimentato, senza nascondere il male “della cattiveria, dell’ostilità, dell’egoismo, della contrapposizione sterile”, tanto che la forza del male e il potere della violenza sembrano così grandi “da offuscare la forza che viene dall’evento della Risurrezione, prefigurato sul monte della Trasfigurazione, davanti ai tre apostoli”. Pietro gioisce di quel momento, propone a Gesù di fare tre capanne e di rimanere lì, sul monte, “nel desiderio di uscire dalla storia, di bloccare un momento felice”. Un desiderio che abbiamo avuto anche noi in quest’anno, nei momenti di ripresa, in cui siamo tornati a “vivere”, ma “la storia che va avanti da sola, in balia del caso, non costruita insieme, non porta alla felicità” ha ricordato mons. Tomasi, che ha evidenziato come siamo ancora dentro una situazione difficile, nella quale “il Signore ci rende un po’ più consapevoli della croce, ma anche della risurrezione. La croce di tante persone che hanno sofferto e stanno soffrendo, delle tante che ci hanno lasciato, e in condizioni in cui la lacerazione della morte è resa ancora più grande dalla distanza e dalla solitudine”. Eppure, anche lì, in quei momenti drammatici, “quanto amore, quanta dedizione, quanto servizio competente e generoso da parte di tutto il sistema sanitario, e quanta presenza umana di persone che hanno accompagnato da fratelli e sorelle, da celebranti della misericordia, della solidarietà e dell’amicizia umana, da celebranti della presenza del Signore, lì, accanto ai morenti. Quanta croce in tutti coloro che hanno amministrato il bene comune e lo fanno tuttora. Quanta croce e quanta resurrezione, quanta forza di solidarietà e impegno, quanta capacità abbiamo dimostrato nello scoprire il bene che è dentro di noi e nel farlo emergere”.

Mons. Tomasi ha ricordato anche “il bene fatto bene” da parte di tanti, dalle Forze dell’Ordine, a chi ha continuato a lavorare, a chi fa fatica in questo momento così faticosamente lungo, alle tante persone che nella dedizione e fedeltà al compito quotidiano continuano a tenere insieme la collettività, contribuendo a farne una comunità.
Anche noi siamo chiamati a essere trasfigurati, ha ricordato il Vescovo, “a saper cogliere nel volto del fratello o della sorella la trasfigurazione, quella forza divina che abbiamo dentro e che cambia i lineamenti, illumina lo sguardo e dà forza anche nella distanza. La divinità che è in noi traspare tutte le volte che superiamo noi stessi in legami di aiuto, di bene, di cura; ogni volta che ci dimentichiamo di noi stessi e andiamo verso gli altri, tutte le volte che qualcuno viene verso di noi, magari stanchi, caduti e impauriti, e ci dà la forza per andare avanti, rigenerando in noi la bellezza interiore, la speranza”.
L’auspicio del Vescovo è che possiamo far tesoro di almeno un insegnamento di quest’anno: la consapevolezza che “è nel bene di tutti che si trova il bene individuale, perché la felicità è solo insieme, gli uni per gli altri, gli uni con gli altri. Se riuscissimo a essere comunità come abbiamo dimostrato di saper essere, allora saremmo anche noi dei trasfigurati, dei cambiati, con la nostra umanità”.
Un cammino nel quale non siamo soli, nel cercare motivi di speranza nella prova, e nel riaccendere tutte le possibilità di amore: “Il Signore ci accompagna, ci benedice. Possiamo sentire la verità dell’unione tra cielo e terra che celebriamo nell’Eucarestia. E possiamo sentire che i nostri cari, che ci hanno lasciato in questo periodo, sono abbracciati e amati dal Signore, e trasmettono a noi la forza di continuare a credere, a sperare e ad amare, mantenendo dei legami più forti del male e più forti della morte. Allora, capiremo che cosa vuol dire risurrezione dai morti”.

Ripresa delle celebrazioni comunitarie: le Disposizioni diocesane

“Stiamo percorrendo strade nuove e per certi aspetti inesplorate, con l’impegno a vivere le nostre assemblee eucaristiche come un’autentica esperienza di Chiesa. La responsabilità per il bene comune ci impone di rispettare indicazioni di natura sanitaria che richiedono alle parrocchie uno sforzo organizzativo non indifferente. La assumiamo in piena disponibilità, consapevoli del valore morale di questo obbligo, assunto a servizio della salute di tutti i cittadini e del bene complessivo di tutta la comunità. Esprimiamo la nostra gratitudine al Signore che ci convoca alla sua mensa e dunque ci offre la possibilità di incontrarci di nuovo con Lui e tra di noi come assemblea”: sono le parole del vescovo Michele Tomasi in apertura delle Disposizioni per la ripresa delle celebrazioni con concorso di popolo. Una fase che comincerà, in tutta Italia, lunedì 18 maggio.

Le Disposizioni danno attuazione al Protocollo predisposto dalla conferenza Episcopale Italiana, esaminato ed approvato il 6 maggio 2020 dal comitato tecnico-scientifico e sottoscritto il 7 maggio 2020 dal presidente della Cei card. Gualtiero Bassetti, dal presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte e dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, e alla Nota del Ministero dell’Interno del 14 maggio 2020.

Il Vescovo, prima di illustrare tutte le attenzioni da avere e le regole da applicare, esprime gratitudine al Signore e sottolinea l’importanza del ritorno alle celebrazioni insieme con “la prudenza e la responsabilità per la salute ed il bene di tutti, soprattutto delle persone più fragili, nella complessa e difficile situazione della «fase 2» della pandemia di Covid-19”. E invita tutti i fedeli, le comunità, i Consigli pastorali, a farsi carico di questa nuova fase, della responsabilità di una partecipazione attiva, paziente e premurosa, accanto e insieme ai parroci, ai quali viene chiesta molta di questa responsabilità.

In questi giorni i parroci stanno provvedendo a calcolare la capienza delle loro chiese, considerando la distanza tra le persone che si deve assicurare (un metro, sia lateralmente che frontalmente), a segnare i posti da occupare, a ripensare il modo di muoversi durante la celebrazione.

Fondamentale è la preparazione e l’organizzazione di un gruppo di volontari che accolgano i fedeli e li aiutino per l’ingresso in chiesa, favorendo la partecipazione delle persone disabili, che verifichino il rispetto del numero di presenze massime consentite, che accompagnino le persone all’interno e poi vigilino sull’uscita, affinché non si formino assembramenti.

Diverse, poi, le proposte per permettere a tutti coloro che lo desiderano di partecipare alle messe. Si va dalla possibilità di attrezzare il sagrato o un altro spazio vicino alla chiesa, ampliando lo spazio disponibile, alla possibilità di aumentare il numero delle celebrazioni, alla pubblicizzazione degli orari delle messe anche delle parrocchie vicine, o della stessa Collaborazione, dove magari ci sono chiese più capienti. Nelle chiese si raccomanda di non superare il numero massimo di 200 presenze, mentre se le celebrazioni sono all’aperto si raccomanda di non andare oltre i mille partecipanti.

“Troviamo insieme i modi affinché nessuno si senta escluso, perché ciascuno possa sentirsi a casa”, l’auspicio del Vescovo.

In allegato le Disposizioni