Author: acecchin

Mons. Gardin: “La sua eredità, uno sguardo fiducioso nel futuro”. Nel 1° anniversario lodi e messa in cattedrale sabato 21 alle 8.15

Un anno fa, il 21 giugno 2024, ci lasciava Gianfranco Agostino Gardin, nostro Vescovo dal 2010 al 2019.
Ricordare l’azione pastorale di mons. Gardin a un anno dalla sua scomparsa impone di ripensare prospetticamente le “parole d’ordine” che egli aveva assunto come linee guida del suo episcopato. Avendo collaborato con lui, soprattutto in relazione alla sua attenzione al mondo laicale, ricordo tre “parole” che egli ci ripeteva: Conoscere Gesù – Laici adulti – Camminare insieme.
Attorno a questi tre nuclei tematici, padre Agostino ha sviluppato la sua proposta di accompagnamento alla fede dei laici.
Il primo punto era “conoscere Gesù”: forse traendo spunto dalla sua vocazione francescana, e dal desiderio di vivere il Vangelo “sine glossa”, per mons. Gardin era fondamentale ripartire dalla persona viva di Gesù. Un Gesù che, per p. Agostino, si incontra in due modi. Il primo è la conoscenza e la frequentazione assidua della Scrittura nello studio e nella preghiera (ricordiamo alcune sue profonde meditazioni sulla Parola nei tempi forti della liturgia; la sua promozione dell’iniziativa del Vangelo nelle case, ecc..); il secondo, che ovviamente non è separato dal primo, è l’incontro di Gesù nella vita concreta delle persone, attraverso un’intensa interrogazione dei tempi e della storia alla luce del Vangelo. Mons. Gardin ci invitava a proporre itinerari formativi adeguati a incontrare il Gesù vivo, presente e operante nel tempo, anche nelle contraddizioni e nelle fatiche della vita della Chiesa e delle comunità. In questo senso, il contatto con la viva presenza di Gesù, per mons. Gardin, doveva condurre a crescere e sviluppare una fede adulta: una fede, cioè, capace di interrogarsi di fronte alle sfide del tempo; una fede non solamente consolatoria o costruita su vecchi stereotipi, ma capace di cambiare veramente la vita e percorrere i sentieri del mondo d’oggi. E questo cammino, per p. Agostino, doveva essere fatto insieme, laici e preti, credenti e non credenti, Chiesa e società. Perché solo insieme è possibile percorrere senza paura le vie, a volte ostili e faticose, del tempo che stiamo vivendo.
Ha vissuto il suo episcopato nella fedele sequela alle indicazioni di papa Francesco, di cui evidentemente ha accolto e sostenuto la proposta di novità: si può dire, anzi, che p. Agostino si trovasse in piena sintonia con lo stile e il linguaggio di papa Francesco, di cui ha promosso senza esitazioni l’azione pastorale anche nella nostra Chiesa.
Cosa rimane di questo insegnamento e di questa prospettiva nelle nostre comunità? È chiaro che viviamo una fase della storia in cui tutto pare accelerato, e dove tutte le proposte si dimenticano in fretta. Però, se guardiamo con onestà a quello che p. Agostino ha seminato nella nostra diocesi, non possiamo non riconoscere che, specialmente nell’ultima fase del suo episcopato, in cui ha avviato il Cammino sinodale, mons. Gardin, cercando di mettere a frutto in quel percorso le sue “parole d’ordine”, ha in qualche modo anticipato il movimento che poi tutta la Chiesa italiana ha accolto nella partecipazione al Sinodo promosso da papa Francesco e che è ancora in corso, e ci ha in qualche modo allenato a essere comunità partecipi della progettazione della Chiesa del futuro.
P. Agostino non si è mai nascosto le difficoltà che la Chiesa stava vivendo: ma non ha mai smesso di promuovere nella nostra Diocesi uno sguardo fiducioso nel futuro, fondato sulla convinzione che il Signore non abbandona mai il suo popolo. Questa fiducia è oggi il motore che aiuta tante comunità ad andare avanti e a credere che, con l’impegno di tutti, è ancora possibile far fiorire il Vangelo tra le nostre case e le nostre strade. È un cammino che possiamo percorre anche grazie al lavoro e alla testimonianza che ci ha dato padre Agostino, della cui presenza tra noi siamo grati al Signore.

(Stefano Zoccarato)

Riflessione in uscita nella “Vita del popolo” del 22 giugno 2025

Incontro dei Vescovi italiani con papa Leone. Mons. Tomasi: “Ci ha consegnato indicazioni preziose e incoraggianti per il nostro cammino”

L’invito all’incontro fatto da papa Leone alla Conferenza episcopale italiana è stato un bel dono che abbiamo vissuto martedì 17 giugno, nella sala delle Benedizioni in san Pietro (proprio dietro la Loggia dalla quale ha salutato la Chiesa e il mondo poche settimane fa). È stato un momento al contempo sobrio, gioioso e affettuoso, con il Papa che ha voluto parlarci e poi incontrarci personalmente tutti, per un saluto personale. Il suo discorso ci ha offerto una «mappa» per il cammino da fare tutti insieme, sottolineando il valore della collegialità, assieme al Papa e tra noi Vescovi.
Leone XIV ci ha consegnato indicazioni preziose e incoraggianti per il nostro cammino: l’annuncio di Gesù e del suo Vangelo, la centralità della persona umana, l’importanza del dialogo e dell’ascolto, l’impegno quotidiano e comunitario per la pace. A questo proposito, mi ha particolarmente colpito il suo desiderio per le diocesi, le parrocchie, le comunità cristiane. Ci ha detto infatti: “Ogni comunità diventi una «casa della pace», dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono”. Il Papa ci ha esortato a custodire la comunione, a non temere scelte audaci e coraggiose, e a mantenere la fiducia anche di fronte alle difficoltà che pure ci troviamo ad affrontare. Ha auspicato che, coerente con la centralità di Gesù, vi sia nelle nostre Chiese l’attenzione alla visione della persona umana, “come strumento essenziale del discernimento pastorale”. Per capire come agire nelle scelte della nostra pastorale, dunque, dovremo sempre capire come esse ci orientano a Gesù Cristo e come difendono, accolgono e promuovono la visione della persona umana che nella Chiesa scaturisce dal Vangelo. Ci farà bene considerare più da vicino le “attenzioni pastorali”, cui il Papa ci ha richiamati, e proveremo a farlo assieme a tanti in Diocesi: penso, in modo particolare, agli organismi diocesani di partecipazione (Consiglio pastorale diocesano e Consiglio presbiterale), ai collaboratori di Curia e a tutti coloro che vorranno, per valutare, alla luce di quelle attenzioni, il nostro cammino diocesano. La fedeltà al Vangelo illumina la strada di luce sempre nuova. Il Papa ci ha esortato, per il prossimo futuro, ad andare “avanti nell’unità, specialmente pensando al Cammino sinodale […]: la sinodalità diventi mentalità, nel cuore, nei processi decisionali e nei modi di agire”. Esortandoci a guardare “al domani con serenità”, ci ha assicurato che “nessuno potrà impedirci di stare vicino alla gente, di condividere la vita, di camminare con gli ultimi, di servire i poveri. Nessuno potrà impedirci di annunciare il Vangelo”.
Ci ha, infine, esortati ad aiutare i fedeli laici a nutrirsi della Parola di Dio e a formarsi nella dottrina sociale della Chiesa, per essere protagonisti dell’evangelizzazione nei luoghi della vita. E tutto questo insieme, “con la gioia nel cuore e il canto sulle labbra”. Se, dunque, il cammino può essere a tratti faticoso e difficile, possiamo fidarci del Signore e andare con animo lieto. Nel saluto personale a papa Leone, gli ho portato il saluto di tanti che me lo avevano chiesto, assicurandogli che molti pregano per lui e gli vogliono bene.
† Michele Tomasi

Giornata di Preghiera per le Vocazioni: un “Sì” ricco di speranza – sabato 17 la veglia diocesana

“Carissimi giovani, la vostra vita non è un «nel frattempo». Voi siete l’adesso di Dio (ChV 178). È necessario prendere coscienza che il dono della vita chiede una risposta generosa e fedele […]. Ogni vocazione, percepita nella profondità del cuore, fa germogliare la risposta come spinta interiore all’amore e al servizio, come sorgente di speranza e di carità e non come ricerca di autoaffermazione […]. Sono molti i giovani che cercano di conoscere la strada che Dio li chiama a percorrere: alcuni riconoscono – spesso con stupore – la vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata; altri scoprono la bellezza della chiamata al matrimonio e alla vita familiare, come pure all’impegno per il bene comune e alla testimonianza della fede tra i colleghi e gli amici.

Il silenzio e la sosta necessari
Cari giovani, il mondo vi spinge a fare scelte affrettate, a riempire le giornate di rumore, impedendovi di sperimentare un silenzio aperto a Dio, che parla al cuore. Abbiate il coraggio di fermarvi, di ascoltare dentro voi stessi e di chiedere a Dio cosa sogna per voi. Il silenzio della preghiera è indispensabile per “leggere” la chiamata di Dio nella propria storia e per dare una risposta libera e consapevole.
Il raccoglimento permette di comprendere che tutti possiamo essere pellegrini di speranza se facciamo della nostra vita un dono, specialmente al servizio di coloro che abitano le periferie materiali ed esistenziali del mondo. Chi si mette in ascolto di Dio che chiama non può ignorare il grido di tanti fratelli e sorelle che si sentono esclusi, feriti, abbandonati. Ogni vocazione apre alla missione di essere presenza di Cristo là dove più c’è bisogno di luce e consolazione. In particolare, i fedeli laici sono chiamati a essere “sale, luce e lievito” del Regno di Dio attraverso l’impegno sociale e professionale.
“La Chiesa ha bisogno di pastori, religiosi, missionari, coniugi che sappiano dire “sì” al Signore con fiducia e speranza. La vocazione non è mai un tesoro che resta chiuso nel cuore, ma cresce e si rafforza nella comunità che crede, ama e spera. E poiché nessuno può rispondere da solo alla chiamata di Dio, tutti abbiamo necessità della preghiera e del sostegno dei fratelli e delle sorelle. Carissimi, la Chiesa è viva e feconda quando genera nuove vocazioni. E il mondo cerca, spesso inconsapevolmente, testimoni di speranza, che annuncino con la loro vita che seguire Cristo è fonte di gioia. Non stanchiamoci, dunque, di chiedere al Signore nuovi operai per la sua messe, certi che Lui continua a chiamare con amore. Cari giovani, affido la vostra sequela del Signore all’intercessione di Maria, Madre della Chiesa e delle vocazioni. Camminate sempre come pellegrini di speranza sulla via del Vangelo!
(Papa Francesco – Roma, Policlinico Gemelli, 19 marzo 2025)

 

LA PREGHIERA

CREDERE, SPERARE, AMARE

Preghiera per la 62a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni


Signore Gesù,

ti sei fatto pellegrino in mezzo a noi,
sempre ci precedi e ci accompagni:
mostraci la via affinché camminando

sulle orme dei tuoi passi
procediamo sicuri sulla strada del Vangelo.

Il tuo Spirito Santo
spalanchi nel nostro cuore

la porta della fede:
ci insegni a pregare,

a chiedere perdono e a perdonare.

Nell’ascolto della tua Parola

e in una vera riconciliazione
possiamo udire e comprendere

la tua voce che sempre ci chiama.

Rendici tuoi discepoli

e attraverso la nostra vita
arricchisci la tua Chiesa di sante vocazioni
perché ogni persona

si sappia amata e benedetta
e conosca la vita e la speranza dei figli di Dio.

Amen

 

LA VEGLIA DIOCESANA PER LE VOCAZIONI – “E tu cosa cerchi?”

Chiesa di Treville – frazione di Castelfranco Veneto

Sabato 17 maggio 2025 ore 20.45

“E tu cosa cerchi?” E’ con questa domanda che ti invitiamo a partecipare all’annuale veglia di preghiera per le vocazioni. Che quest’anno cade il sabato successivo della 62^ Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, dell’11 maggio.  Le veglie sono occasioni per fermarsi una sera e mettere a fuoco cosa portiamo nel cuore, ma anche per incontrarsi con altri giovani assieme al nostro vescovo Michele e ascoltare testimonianze di vita che sono state illuminate dal Signore in alcuni frangenti decisivi. Il Papa nel suo messaggio scrive “Il silenzio della preghiera è indispensabile per “leggere” la chiamata di Dio nella propria storia e per dare una risposta libera e consapevole”. E Tu cosa cerchi? Vieni anche tu a vivere questo appuntamento di ascolto e preghiera, aperto a tutte le giovani e i giovani che desiderano trovare con il Signore quello che cercano.

La veglia avrà il suo inizio in un luogo suggestivo a un centinaio di metri rispetto la chiesa di Treville (frazione di Castelfranco Veneto).

La prima omelia di Leone XIV: “Sparire perché rimanga Cristo è l’impegno per chi esercita un ministero di autorità”

“Sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo”. È questo, per Leone XIV, “un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità”. “Dio mi dia questa grazia, oggi e sempre, con l’aiuto della tenerissima intercessione di Maria Madre della Chiesa”, la conclusione della sua prima omelia da papa, nella messa presieduta nella Cappella Sistina con i cardinali, salutati in inglese prima di leggere il testo.

“Dico questo prima di tutto per me, come Successore di Pietro, mentre inizio la mia missione di Vescovo della Chiesa che è in Roma, chiamata a presiedere nella carità la Chiesa universale, secondo la celebre espressione di Sant’Ignazio di Antiochia”, l’assunzione di responsabilità che suona già come un viatico per tutto il pontificato. Due le domande al centro dell’omelia del Santo Padre: la risposta di Pietro a Gesù, “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, e la domanda di Gesù ai suoi discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’Uomo?”. Due domande che rivelano due diversi atteggiamenti, e che sono ancora oggi una cartina al tornasole sulla nostra idea di Gesù e sul modo in cui il mondo lo recepisce o lo rifiuta, arrivando ad un “ateismo di fatto”. Gesù “ci ha mostrato così un modello di umanità santa che tutti possiamo imitare, insieme alla promessa di un destino eterno che invece supera ogni nostro limite e capacità”, l’esordio dell’omelia. La risposta di Pietro a Gesù, per il Papa, rivela  “il dono di Dio e il cammino da percorrere per lasciarsene trasformare, dimensioni inscindibili della salvezza, affidate alla Chiesa perché le annunci per il bene del genere umano”.

“In particolare poi Dio, chiamandomi attraverso il vostro voto a succedere al Primo degli Apostoli, questo tesoro lo affida a me perché, col suo aiuto, ne sia fedele amministratore a favore di tutto il Corpo mistico della Chiesa”, il riferimento al suo ministero e ai suoi confratelli: “così che essa sia sempre più città posta sul monte, arca di salvezza che naviga attraverso i flutti della storia, faro che illumina le notti del mondo.
E ciò non tanto grazie alla magnificenza delle sue strutture o per la grandiosità delle sue costruzioni – come i monumenti in cui ci troviamo –, quanto attraverso la santità dei suoi membri, di quel ‘popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa’”, come si legge nella prima Lettera di Pietro. “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Questa l’altra domanda di Gesù citata nella prima omelia di Leone XIV da Papa. “Non è una questione banale, anzi riguarda un aspetto importante del nostro ministero: la realtà in cui viviamo, con i suoi limiti e le sue potenzialità, le sue domande e le sue convinzioni”, ha sottolineato il nuovo Pontefice, secondo il quale a tale domanda sono possibili due risposte, che delineano altrettanti atteggiamenti.  C’è prima di tutto “la risposta del mondo, che considera Gesù una persona totalmente priva d’importanza, al massimo un personaggio curioso, che può suscitare meraviglia con il suo modo insolito di parlare e di agire. E così, quando la sua presenza diventerà fastidiosa per le istanze di onestà e le esigenze morali che richiama, questo mondo non esiterà a respingerlo e a eliminarlo”. L’altra possibile risposta alla domanda di Gesù è quella della gente comune, per cui il Nazareno – ha spiegato Papa Prevost – “non è un ciarlatano: è un uomo retto, uno che ha coraggio, che parla bene e che dice cose giuste, come altri grandi profeti della storia di Israele. Per questo lo seguono, almeno finché possono farlo senza troppi rischi e inconvenienti. Però lo considerano solo un uomo, e perciò, nel momento del pericolo, durante la Passione, anch’essi lo abbandonano e se ne vanno, delusi”. Secondo il Santo Padre, questi due atteggiamenti “incarnano fatti e  idee che potremmo ritrovare facilmente – magari espresse con un linguaggio diverso, ma identiche nella sostanza – sulla bocca di molti uomini e donne del nostro tempo”. Anche oggi, infatti, “non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui ad essa si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere”.
“Si tratta di ambienti in cui non è facile testimoniare e annunciare il Vangelo e dove chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato e compatito”, l’analisi del nuovo Papa: “Eppure, proprio per questo, sono luoghi in cui urge la missione, perché la mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco”. Anche oggi, inoltre, “non mancano poi i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto”.
Eppure, “questo è il mondo che ci è affidato, nel quale, come tante volte ci ha insegnato Papa Francesco, siamo chiamati a testimoniare la fede gioiosa in Gesù Salvatore”, il bagno di realismo: “Perciò, anche per noi, è essenziale ripetere: ‘Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente’. È essenziale farlo prima di tutto nel nostro rapporto personale con Lui, nell’impegno di un quotidiano cammino di conversione. Ma poi anche, come Chiesa, vivendo insieme la nostra appartenenza al Signore e portandone a tutti la Buona Notizia”, come si legge nella Lumen Gentium.
M.Michela Nicolais – Agensir

Nuovo papa è Robert Francis Prevost, che prende il nome di Leone XIV

“Annuntio vobis gaudium magnum; habemus Papam: Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum, Dominum Robertum Franciscum Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Prevost, qui sibi nomen imposuit Leonem Deciumun Quartum”. Con queste parole il cardinale protodiacono, Dominique Mamberti, ha annunciato il nome del 266° successore di Pietro, eletto alle 18.07 al quarto scrutinio durante il 76° Conclave – il più affollato della Chiesa – da 133 cardinali elettori riuniti da ieri pomeriggio in Conclave nella Cappella Sistina.

Il Cardinale Robert Francis Prevost, O.S.A., Prefetto del Dicastero per i Vescovi, Arcivescovo-Vescovo emerito di Chiclayo, è nato il 14 settembre 1955 a Chicago (Illinois, Stati Uniti). Nel 1977 è entrato nel noviziato dell’Ordine di Sant’Agostino (O.S.A.), nella provincia di Nostra Signora del Buon Consiglio, a Saint Louis. Il 29 agosto 1981 ha emesso i voti solenni. Ha studiato presso la Catholic Theological Union di Chicago, diplomandosi in Teologia.

All’età di 27 anni è stato inviato dall’Ordine a Roma per studiare Diritto Canonico presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (l’Angelicum). Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 19 giugno 1982. Ha conseguito la Licenza nel 1984, quindi è stato inviato a lavorare nella missione di Chulucanas, a Piura, in Perù (1985-1986).

Nel 1987 ha conseguito il Dottorato con la tesi: “Il ruolo del priore locale dell’Ordine di Sant’Agostino”. Nello stesso anno è stato eletto direttore delle vocazioni e direttore delle missioni della Provincia Agostiniana “Madre del Buon Consiglio” di Olympia Fields, in Illinois (USA). Nel 1988 è stato inviato nella missione di Trujillo come direttore del progetto di formazione comune degli aspiranti agostiniani dei Vicariati di Chulucanas, Iquitos e Apurímac. Lì è stato priore di comunità (1988-1992), direttore della formazione (1988-1998) e insegnante dei professi (1992-1998). Nell’Arcidiocesi di Trujillo è stato vicario giudiziario (1989-1998), professore di Diritto Canonico, Patristica e Morale nel Seminario Maggiore “San Carlos e San Marcelo”.

Nel 1999 è stato eletto priore provinciale della Provincia “Madre del Buon Consiglio” (Chicago). Dopo due anni e mezzo, il Capitolo generale ordinario lo ha eletto priore generale, ministero che l’Ordine gli ha nuovamente affidato nel Capitolo generale ordinario del 2007. Nell’ottobre 2013 è tornato nella sua Provincia (Chicago) per essere insegnante dei professi e vicario provinciale; incarichi che ha ricoperto fino a quando Papa Francesco lo ha nominato, il 3 novembre 2014, amministratore apostolico della Diocesi di Chiclayo (Perù), elevandolo alla dignità episcopale di vescovo titolare della Diocesi di Sufar. Il 7 novembre ha preso possesso canonico della Diocesi alla presenza del nunzio apostolico James Patrick Green; è stato ordinato vescovo il 12 dicembre, festa di Nostra Signora di Guadalupe, nella Cattedrale della sua Diocesi. È vescovo di Chiclayo dal 26 settembre 2015. Dal marzo del 2018 è stato secondo vicepresidente del Conferenza episcopale peruviana. Papa Francesco lo aveva nominato membro della Congregazione per il Clero nel 2019 e membro della Congregazione per i Vescovi nel 2020.

Il 15 aprile 2020 il Papa lo ha nominato Amministratore Apostolico della diocesi di Callao.

Dal 30 gennaio 2023 è Prefetto del Dicastero per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina.

Il 6 febbraio 2025, il Santo Padre Francesco lo ha promosso all’Ordine dei Vescovi, assegnandogli il Titolo della Chiesa Suburbicaria di Albano.

Da Papa Francesco creato e pubblicato Cardinale nel Concistoro del 30 settembre 2023 della Diaconia di Santa Monica.

E’ Membro:

  • dei Dicasteri: per l’Evangelizzazione, Sezione per la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari; per la Dottrina della Fede; per le Chiese Orientali; per il Clero; per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica; per la Cultura e l’Educazione; per i Testi Legislativi.
  • della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano.

Il Vescovo ai sacerdoti nella messa del Crisma: “La nostra vita intera è a servizio dell’incontro con il Signore, il nostro ministero è un dono grande”

Questa mattina in cattedrale la messa del Crisma presieduta dal Vescovo, Michele Tomasi, e concelebrata dal vescovo emerito di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, e dai sacerdoti diocesani e religiosi, oltre che dai presbiteri stranieri che prestano servizio nelle nostre comunità. Una celebrazione nella quale i sacerdoti hanno rinnovato le loro promesse. Sono stati ricordati dal Vescovo, all’inizio della messa, i presbiteri che quest’anno festeggiano un giubileo di ordinazione, dai 75 ai 25 anni.

All’interno della celebrazione eucaristica c’è stato anche il ricordo dei sacerdoti, del vescovo Gardin e del diacono Giuseppe Zago, che sono mancati nell’ultimo anno.

 

Messa del Crisma – Cattedrale di Treviso

17 aprile 2025

Omelia del vescovo Tomasi

Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione”. Queste parole di Gesù del Vangelo di Luca ci hanno fatto entrare con Lui, domenica scorsa, nella Settimana Santa: “Desiderio desideravi hoc Pascha manducare vobiscum”.

Il desiderio di Gesù è per così dire, completamente ricolmo della prospettiva di sedere a mensa con i suoi amici, in vista della sua passione, nella celebrazione familiare della Pasqua.

Ho tanto desiderato questo incontro, questa celebrazione insieme”, sta dicendo anche a noi il Signore. Ce lo dice ogni volta che ci ritroviamo insieme per la celebrazione dell’Eucaristia. Ce lo sta dicendo proprio qui, proprio ora.

Gesù ci chiama a condividere con Lui la celebrazione dell’Eucaristia. Egli ci attende. Attende questo momento, pieno di desiderio. La celebrazione dell’Eucaristia realizza ogni volta quest’aspettativa del Signore: è un tempo che Egli desidera trascorrere con noi,che vive volentieri, che lo consola profondamente, un momento di cui sente per così dire l’urgenza. Tutto l’amore di Dio si manifesta – gratuito, immeritato, immenso – nella condivisione di questo desiderio. Quella cena con gli Apostoli sta nel cuore stesso di Dio.

E, come ci ha ricordato Papa Francesco: “Pietro e gli altri stanno a quella mensa, inconsapevoli eppure necessari: ogni dono per essere tale deve avere qualcuno disposto a riceverlo. In questo caso la sproporzione tra l’immensità del dono e la piccolezza di chi lo riceve, è infinita e non può non sorprenderci. Ciò nonostante – per misericordia del Signore – il dono viene affidato agli Apostoli perché venga portato ad ogni uomo” (Papa Francesco, Desiderio Desideravi, 3).

Egli attendeva quel momento, quella Cena, quella Pasqua, per stare con i suoi amici, e perché essi donassero poi quella stessa esperienza a tutti, nel corso della storia. Essi riceveranno dal Risorto il mandato di annunciare a tutti la buona notizia della vittoria sulla morte, e la memoria viva e reale di quella mensa, di quella Cena: “fate questo in memoria di me”. Memoria che è davvero presenza viva.

Cari fratelli e sorelle in Cristo, voglio esprimere nuovamente questo punto, ancora con le parole di papa Francesco:

Prima della nostra risposta al suo invito – molto prima – c’è il suo desiderio di noi: possiamo anche non esserne consapevoli, ma ogni volta che andiamo a Messa la ragione prima è perché siamo attratti dal suo desiderio di noi.

Da parte nostra, la risposta possibile, l’ascesi più esigente, è, come sempre, quella dell’arrendersi al suo amore, del volersi lasciare attrarre da lui. Per certo ogni nostra comunione al Corpo e al Sangue di Cristo è stata da Lui desiderata nell’ultima Cena” (Desiderio desideravi, 6).

Quanto è bello che il Signore Gesù Cristo ci desideri così. Quanto è bello essere suoi discepoli. Quanto è bello, fratelli e sorelle, essere cristiani, membra vive della Chiesa.

È un puro dono di grazia: immeritato, ma non per questo meno reale ed effettivo.

Quale privilegio ci è donato, di poter entrare così in comunione con Lui e tra di noi.

Come pregheremo fra poco nel prefazio di questa nostra celebrazione, “Egli comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti”. Egli desidera incontrare tutto il popolo dei battezzati, e desidera che ognuno possa farne parte. Per portare a compimento questo desiderio, Gesù – ancora con le parole della preghiera della Chiesa – “nel suo amore per i fratelli sceglie alcuni che, mediante l’imposizione delle mani, rende partecipi del suo ministero di salvezza, perché rinnovino nel suo nome il sacrificio redentore e preparino ai figli [del Padre] il convito pasquale.

Che bello – fratelli Vescovi e Presbiteri – essere chiamati a servire Cristo e la Chiesa per rendere possibile questo incontro, questa convocazione, questa realizzazione dell’amore di Dio. La nostra vita intera è a servizio dell’incontro con Lui di tutto il popolo santo di Dio. Da questa missione scaturisce ogni altro compito, impegno, ministero o incarico particolare, nostro e di tutti i fratelli e le sorelle in Cristo.

Come coloro che dopo la Pentecoste avessero voluto incontrare Gesù vivo e risorto, non avrebbero avuto “altra possibilità se non quella di cercare i suoi per ascoltare le sue parole e vedere i suoi gesti, più vivi che mai”, anche noi non abbiamo “altra possibilità di un incontro vero con Lui se non quella della comunità che celebra. Per questo la Chiesa ha sempre custodito come il suo più prezioso tesoro il mandato del Signore: «fate questo in memoria di me» (Desiderio desideravi, 8).

Non esiste la Chiesa senza l’Eucaristia. Noi non siamo nulla senza questa cena, questa convocazione, questa celebrazione.

E non esiste l’Eucaristia senza il ministero ordinato. È un dono grande. Immeritato. Un dono che nasce dal desiderio di Cristo di vivere la Pasqua con i suoi, che sgorga dall’amore di Cristo per la Chiesa. Un dono tutto orientato a servizio del desiderio universale di salvezza di Gesù, a servizio dell’annuncio e della missione, affinché ogni uomo ed ogni donna possano essere accolti al banchetto della vita. Un dono che mostra, attraverso la presenza dei ministri ordinati, la gratuità dell’azione di Dio nella storia.

Talvolta ci capita di vedere soprattutto le molte difficoltà nell’esercizio del ministero, in questo tempo di cambiamento, spesso confuso e faticoso, nella Chiesa e nella società nel suo complesso. Talvolta sembrano prevalere la rassegnazione o l’ansia, piuttosto che la fiducia o la speranza.

Le difficoltà ci sono, così come le fatiche. C’è il rischio della solitudine, la fatica del sovraccarico di impegni, di fronte al numero di presbiteri che cala e le tante richieste che crescono da molte parti, a volte esagerate; in generale un certo smarrimento di fronte alla poca chiarezza sul ruolo del prete oggi, nella Chiesa e nella società. Tutto questo c’è, va preso sul serio, ne dobbiamo parlare e cerchiamo insieme risposte e soluzioni.

Ma nulla potrà servire, se non riscopriamo, individualmente e tutti insieme, come presbiterio, la meraviglia a cui ci chiama l’amore di Cristo, il suo desiderio cioè di affidarsi a noi per farsi presente a tutti. La bellezza di essere incaricati di offrire “nel suo nome il sacrificio redentore” e di preparare per i fedeli “il convito pasquale”, il banchetto fraterno con il Risorto.

La presidenza della celebrazione eucaristica non sia un’incombenza tra le tante, bensì la fonte della nostra vita stessa e il suo culmine, la sua meta.

Ripartiamo da qui, torniamo sempre di nuovo qui. Non c’è responsabilità più grande, non c’è dignità maggiore, non vi è fonte più sicura di gioia. Non c’è fraternità più autentica con i fratelli e le sorelle in Cristo, non vi è servizio più essenziale da offrire al nostro mondo, al nostro tempo. Da qui riceviamo in dono ogni significato, da qui ha origine ogni carità effettiva, qui viviamo la realtà del Regno di Dio.

Partiamo ancora e sempre di nuovo dal presiedere con gioia, umilmente e volentieri l’Eucaristia con le nostre comunità. Non scegliendo quella che ci è più affine, che ci sta simpatica, con cui andiamo d’accordo, in cui ci sentiamo a casa. Partiamo da lì dove siamo, assieme alle comunità così come sono, gustando la bellezza del fatto che proprio quelle sono state generate dal desiderio di Cristo di incontrarle, dal suo amore infinito. Imparando ad amarci dello stesso amore di Cristo.

Amiamo la nostra diocesi perché è generata dalla chiamata, dal desiderio, dall’amore di Gesù Cristo. Vediamola come Lui la vede, amiamola come Lui la vuole. Ogni nostra scelta abbia come fine quello di diventare tutti più «eucaristici». Lasciamoci trasformare dall’amore di Cristo, fidiamoci di Lui, affidiamoci a Lui.

Si possa dire di noi, con l’aiuto dello Spirito e la forza del Padre, quanto pregheremo, fra poco, sempre nel prefazio di questa Messa del Crisma:

Servi premurosi del tuo popolo, lo nutrano con la Parola e lo santifichino con i sacramenti; donando la vita per te e per la salvezza dei fratelli, si conformino all’immagine di Cristo, e ti rendano sempre testimonianza di fede e di amore”.

 

 

Il Vescovo ai sacerdoti nella messa del Crisma: “La nostra vita intera è a servizio dell’incontro con Lui, il nostro ministero è un dono grande”

Questa mattina in cattedrale la messa del Crisma presieduta dal Vescovo, Michele Tomasi, e concelebrata dal vescovo emerito di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, e dai sacerdoti diocesani e religiosi, oltre che dai presbiteri stranieri che prestano servizio nelle nostre comunità. Una celebrazione nella quale i sacerdoti hanno rinnovato le loro promesse. Sono stati ricordati dal Vescovo, all’inizio della messa, i presbiteri che quest’anno festeggiano un giubileo di ordinazione, dai 75 ai 25 anni.

All’interno della celebrazione eucaristica c’è stato anche il ricordo dei sacerdoti, del vescovo Gardin e del diacono Giuseppe Zago, che sono mancati nell’ultimo anno.

 

Messa del Crisma – Cattedrale di Treviso

17 aprile 2025

Omelia del vescovo Tomasi

Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione”. Queste parole di Gesù del Vangelo di Luca ci hanno fatto entrare con Lui, domenica scorsa, nella Settimana Santa: “Desiderio desideravi hoc Pascha manducare vobiscum”.

Il desiderio di Gesù è per così dire, completamente ricolmo della prospettiva di sedere a mensa con i suoi amici, in vista della sua passione, nella celebrazione familiare della Pasqua.

Ho tanto desiderato questo incontro, questa celebrazione insieme”, sta dicendo anche a noi il Signore. Ce lo dice ogni volta che ci ritroviamo insieme per la celebrazione dell’Eucaristia. Ce lo sta dicendo proprio qui, proprio ora.

Gesù ci chiama a condividere con Lui la celebrazione dell’Eucaristia. Egli ci attende. Attende questo momento, pieno di desiderio. La celebrazione dell’Eucaristia realizza ogni volta quest’aspettativa del Signore: è un tempo che Egli desidera trascorrere con noi,che vive volentieri, che lo consola profondamente, un momento di cui sente per così dire l’urgenza. Tutto l’amore di Dio si manifesta – gratuito, immeritato, immenso – nella condivisione di questo desiderio. Quella cena con gli Apostoli sta nel cuore stesso di Dio.

E, come ci ha ricordato Papa Francesco: “Pietro e gli altri stanno a quella mensa, inconsapevoli eppure necessari: ogni dono per essere tale deve avere qualcuno disposto a riceverlo. In questo caso la sproporzione tra l’immensità del dono e la piccolezza di chi lo riceve, è infinita e non può non sorprenderci. Ciò nonostante – per misericordia del Signore – il dono viene affidato agli Apostoli perché venga portato ad ogni uomo” (Papa Francesco, Desiderio Desideravi, 3).

Egli attendeva quel momento, quella Cena, quella Pasqua, per stare con i suoi amici, e perché essi donassero poi quella stessa esperienza a tutti, nel corso della storia. Essi riceveranno dal Risorto il mandato di annunciare a tutti la buona notizia della vittoria sulla morte, e la memoria viva e reale di quella mensa, di quella Cena: “fate questo in memoria di me”. Memoria che è davvero presenza viva.

Cari fratelli e sorelle in Cristo, voglio esprimere nuovamente questo punto, ancora con le parole di papa Francesco:

Prima della nostra risposta al suo invito – molto prima – c’è il suo desiderio di noi: possiamo anche non esserne consapevoli, ma ogni volta che andiamo a Messa la ragione prima è perché siamo attratti dal suo desiderio di noi.

Da parte nostra, la risposta possibile, l’ascesi più esigente, è, come sempre, quella dell’arrendersi al suo amore, del volersi lasciare attrarre da lui. Per certo ogni nostra comunione al Corpo e al Sangue di Cristo è stata da Lui desiderata nell’ultima Cena” (Desiderio desideravi, 6).

Quanto è bello che il Signore Gesù Cristo ci desideri così. Quanto è bello essere suoi discepoli. Quanto è bello, fratelli e sorelle, essere cristiani, membra vive della Chiesa.

È un puro dono di grazia: immeritato, ma non per questo meno reale ed effettivo.

Quale privilegio ci è donato, di poter entrare così in comunione con Lui e tra di noi.

Come pregheremo fra poco nel prefazio di questa nostra celebrazione, “Egli comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti”. Egli desidera incontrare tutto il popolo dei battezzati, e desidera che ognuno possa farne parte. Per portare a compimento questo desiderio, Gesù – ancora con le parole della preghiera della Chiesa – “nel suo amore per i fratelli sceglie alcuni che, mediante l’imposizione delle mani, rende partecipi del suo ministero di salvezza, perché rinnovino nel suo nome il sacrificio redentore e preparino ai figli [del Padre] il convito pasquale.

Che bello – fratelli Vescovi e Presbiteri – essere chiamati a servire Cristo e la Chiesa per rendere possibile questo incontro, questa convocazione, questa realizzazione dell’amore di Dio. La nostra vita intera è a servizio dell’incontro con Lui di tutto il popolo santo di Dio. Da questa missione scaturisce ogni altro compito, impegno, ministero o incarico particolare, nostro e di tutti i fratelli e le sorelle in Cristo.

Come coloro che dopo la Pentecoste avessero voluto incontrare Gesù vivo e risorto, non avrebbero avuto “altra possibilità se non quella di cercare i suoi per ascoltare le sue parole e vedere i suoi gesti, più vivi che mai”, anche noi non abbiamo “altra possibilità di un incontro vero con Lui se non quella della comunità che celebra. Per questo la Chiesa ha sempre custodito come il suo più prezioso tesoro il mandato del Signore: «fate questo in memoria di me» (Desiderio desideravi, 8).

Non esiste la Chiesa senza l’Eucaristia. Noi non siamo nulla senza questa cena, questa convocazione, questa celebrazione.

E non esiste l’Eucaristia senza il ministero ordinato. È un dono grande. Immeritato. Un dono che nasce dal desiderio di Cristo di vivere la Pasqua con i suoi, che sgorga dall’amore di Cristo per la Chiesa. Un dono tutto orientato a servizio del desiderio universale di salvezza di Gesù, a servizio dell’annuncio e della missione, affinché ogni uomo ed ogni donna possano essere accolti al banchetto della vita. Un dono che mostra, attraverso la presenza dei ministri ordinati, la gratuità dell’azione di Dio nella storia.

Talvolta ci capita di vedere soprattutto le molte difficoltà nell’esercizio del ministero, in questo tempo di cambiamento, spesso confuso e faticoso, nella Chiesa e nella società nel suo complesso. Talvolta sembrano prevalere la rassegnazione o l’ansia, piuttosto che la fiducia o la speranza.

Le difficoltà ci sono, così come le fatiche. C’è il rischio della solitudine, la fatica del sovraccarico di impegni, di fronte al numero di presbiteri che cala e le tante richieste che crescono da molte parti, a volte esagerate; in generale un certo smarrimento di fronte alla poca chiarezza sul ruolo del prete oggi, nella Chiesa e nella società. Tutto questo c’è, va preso sul serio, ne dobbiamo parlare e cerchiamo insieme risposte e soluzioni.

Ma nulla potrà servire, se non riscopriamo, individualmente e tutti insieme, come presbiterio, la meraviglia a cui ci chiama l’amore di Cristo, il suo desiderio cioè di affidarsi a noi per farsi presente a tutti. La bellezza di essere incaricati di offrire “nel suo nome il sacrificio redentore” e di preparare per i fedeli “il convito pasquale”, il banchetto fraterno con il Risorto.

La presidenza della celebrazione eucaristica non sia un’incombenza tra le tante, bensì la fonte della nostra vita stessa e il suo culmine, la sua meta.

Ripartiamo da qui, torniamo sempre di nuovo qui. Non c’è responsabilità più grande, non c’è dignità maggiore, non vi è fonte più sicura di gioia. Non c’è fraternità più autentica con i fratelli e le sorelle in Cristo, non vi è servizio più essenziale da offrire al nostro mondo, al nostro tempo. Da qui riceviamo in dono ogni significato, da qui ha origine ogni carità effettiva, qui viviamo la realtà del Regno di Dio.

Partiamo ancora e sempre di nuovo dal presiedere con gioia, umilmente e volentieri l’Eucaristia con le nostre comunità. Non scegliendo quella che ci è più affine, che ci sta simpatica, con cui andiamo d’accordo, in cui ci sentiamo a casa. Partiamo da lì dove siamo, assieme alle comunità così come sono, gustando la bellezza del fatto che proprio quelle sono state generate dal desiderio di Cristo di incontrarle, dal suo amore infinito. Imparando ad amarci dello stesso amore di Cristo.

Amiamo la nostra diocesi perché è generata dalla chiamata, dal desiderio, dall’amore di Gesù Cristo. Vediamola come Lui la vede, amiamola come Lui la vuole. Ogni nostra scelta abbia come fine quello di diventare tutti più «eucaristici». Lasciamoci trasformare dall’amore di Cristo, fidiamoci di Lui, affidiamoci a Lui.

Si possa dire di noi, con l’aiuto dello Spirito e la forza del Padre, quanto pregheremo, fra poco, sempre nel prefazio di questa Messa del Crisma:

Servi premurosi del tuo popolo, lo nutrano con la Parola e lo santifichino con i sacramenti; donando la vita per te e per la salvezza dei fratelli, si conformino all’immagine di Cristo, e ti rendano sempre testimonianza di fede e di amore”.

 

 

Papa Francesco a sorpresa in piazza san Pietro al Giubileo dei malati

“Buona domenica a tutti! Buona domenica a tutti! Grazie tante!”. Sono le parole pronunciate da Papa Francesco, apparso a sorpresa, domenica 6 aprile, sul sagrato di piazza San Pietro al termine della messa per il Giubileo degli ammalati, presieduta da mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, che poco prima aveva letto l’omelia preparata proprio dal Santo Padre per l’occasione. In sedia a rotelle e con le cannule nasali, il Papa – accompagnato dal suo infermiere personale, Massimiliano Strappetti – ha percorso il tratto che lo separava dalla postazione al centro del palco. Accolto da un fragoroso applauso delle migliaia di fedeli presenti, ha poi benedetto la folla e salutato alcune persone. Malato tra i malati, il Santo Padre con questa sua prima uscita pubblica ci ha tenuto a condividere l’appuntamento giubilare che più si riferisce alla sua attuale condizione di convalescente, in cui si trova da due settimane dopo il ricovero di 38 giorni al Policlinico Gemelli per una polmonite bilaterale. Poco prima di comparire a sorpresa in piazza San Pietro – ha riferito infatti la Sala Stampa della Santa Sede – si è unito al pellegrinaggio giubilare degli ammalati e del mondo della sanità: ha ricevuto il sacramento della riconciliazione nella basilica di San Pietro, si è raccolto in preghiera e ha attraversato la Porta Santa, pellegrino tra i pellegrini. L’ultima immagine pubblica del Papa, fino ad oggi, dopo il ricovero del 14 febbraio, risaliva al suo affaccio dal balcone del nosocomio romano, il 23 marzo, quando è stato dimesso con l’indicazione di trascorrere la convalescenza in dimissione protetta e ha fatto poi ritorno a Casa Santa Marta.

Il testo dell’omelia. “La malattia è una delle prove più difficili e dure della vita, in cui tocchiamo con mano quanto siamo fragili”, si legge nel testo preparato per l’omelia della messa in piazza San Pietro in occasione del Giubileo degli ammalati e del mondo della sanità, letto da mons. Fisichella. “Anche in questi momenti, Dio non ci lascia soli e, se ci abbandoniamo a lui, proprio là dove le nostre forze vengono meno, possiamo sperimentare la consolazione della sua presenza”, assicura il Papa: “Perciò a Lui possiamo dire e affidare il nostro dolore, sicuri di trovare compassione, vicinanza e tenerezza”. “Permettete che la presenza dei malati entri come un dono nella vostra esistenza, per guarire il vostro cuore, purificandolo da tutto ciò che non è carità e riscaldandolo con il fuoco ardente e dolce della compassione”, le parole rivolte ai medici.

“Con voi, poi, carissimi fratelli e sorelle malati, in questo momento della mia vita condivido molto: l’esperienza dell’infermità, di sentirci deboli, di dipendere dagli altri in tante cose, di aver bisogno di sostegno”, quelle indirizzate ai malati: “Non è sempre facile, però è una scuola in cui impariamo ogni giorno ad amare e a lasciarci amare, senza pretendere e senza respingere, senza rimpiangere e senza disperare, grati a Dio e ai fratelli per il bene che riceviamo, abbandonati e fiduciosi per quello che ancora deve venire”. Per Francesco, “la camera dell’ospedale e il letto dell’infermità possono essere luoghi in cui sentire la voce del Signore. Benedetto XVI – che ci ha dato una bellissima testimonianza di serenità nel tempo della sua malattia – ha scritto che ‘la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza’ e che ‘una società che non riesce ad accettare i sofferenti è una società crudele e disumana’. È vero: affrontare insieme la sofferenza ci rende più umani e condividere il dolore è una tappa importante di ogni cammino di santità”.

“Non releghiamo chi è fragile lontano dalla nostra vita, come purtroppo oggi a volte fa un certo tipo di mentalità, non ostracizziamo il dolore dai nostri ambienti”, l’invito finale del testo: “Facciamone piuttosto un’occasione per crescere insieme, per coltivare la speranza grazie all’amore che per primo Dio ha riversato nei nostri cuori e che, al di là di tutto, è ciò che rimane per sempre”.

Il testo dell’Angelus. Anche nel testo preparato per l’Angelus il Santo Padre fa cenno al suo ricovero e all’attuale convalescenza, come tempi in cui – scrive – “sento il dito di Dio e sperimento la sua carezza premurosa”.

“E prego per i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari, che non sempre sono aiutati a lavorare in condizioni adeguate e, talvolta, sono perfino vittime di aggressioni”, prosegue il Papa: “La loro missione non è facile e va sostenuta e rispettata. Auspico che si investano le risorse necessarie per le cure e per la ricerca, perché i sistemi sanitari siano inclusivi e attenti ai più fragili e ai più poveri”.

“Continuiamo a pregare per la pace”, l’ennesimo appello papale: “nella martoriata Ucraina, colpita da attacchi che provocano molte vittime civili, tra cui tanti bambini. E lo stesso accade a Gaza, dove le persone sono ridotte a vivere in condizioni inimmaginabili, senza tetto, senza cibo, senza acqua pulita”. “Tacciano le armi e si riprenda il dialogo; siano liberati tutti gli ostaggi e si soccorra la popolazione!”, la richiesta di Francesco: “Preghiamo per la pace in tutto il Medio Oriente; in Sudan e Sud Sudan; nella Repubblica Democratica del Congo; in Myanmar, duramente provato anche dal terremoto; e ad Haiti, dove infuria la violenza, che alcuni giorni fa ha ucciso due religiose”. (M.M. Nicolais – Agensir)

Rosario per il Papa da piazza san Pietro presieduto dal card. Re: mercoledì diretta alle 21

Tv2000 e Radio InBlu2000 questa sera trasmettono in diretta alle ore 21, da piazza San Pietro, la preghiera del Rosario per Papa Francesco guidata dal card. Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio.
Il Rosario può essere seguito anche su Play2000, la piattaforma streaming di Tv2000 e InBlu2000. Nel pomeriggio, appena sarà reso disponibile, il testo della preghiera sarà pubblicato in calce a questa notizia.

Vaticano, 25 febbraio 2025: recita del rosario in piazza San PIetro guidato dal card. Luis Antonio Tagle – (Foto Calvarese/SIR)

“Preghiamo per la salute del Santo Padre Francesco: per l’intercessione della Beata Vergine Maria sperimenti l’amorevole presenza del Signore risorto e la solidale vicinanza della comunità cristiana”. È l’intenzione di preghiera con cui il card. Luis Antonio Tagle, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, ha aperto ieri la recita del Rosario per papa Francesco in piazza San Pietro. È il secondo Rosario per la salute del Santo Padre, dopo quello presieduto dal card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, lunedì sera in questa stessa piazza, anche oggi gremita di fedeli nonostante il tempo non particolarmente clemente sulla capitale. La speciale “staffetta” con la preghiera mariana continuerà anche nei prossimi giorni, come ha reso noto la Sala Stampa della Santa Sede. Intanto Papa Francesco ha trascorso la dodicesima giornata nel nosocomio romano, dove è ricoverato dal 14 febbraio per una polmonite bilaterale.

 

IL LIBRETTO

VICARIATO DELLA CITTA’ DEL VATICANO
PREGHIERA DEL ROSARIO
PER IL SANTO PADRE FRANCESCO

 

Introduzione (celebrante)
Fratelli e sorelle, pellegrini di Speranza, ci raccogliamo in
preghiera per recitare il Santo Rosario e contemplare i
misteri della vita di Gesù con lo sguardo della Beata
Vergine Maria. Preghiamo insieme con tutta la Chiesa per
la salute del Santo Padre Francesco. La Vergine Maria,
Madre della Chiesa, lo sostenga in questo momento di
sofferenza.
Contempliamo questa sera i misteri gloriosi, certi che Gesù
Risorto è la nostra Speranza.
Il Celebrante:
O Dio, vieni a salvarmi
Il Coro e l’Assemblea:
Signore, vieni presto in mio aiuto. Gloria al Padre e al
Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.

 

MISTERI GLORIOSI
I
Lettore:
Primo mistero della gloria: Gesù è risorto e vivo.
Lettore:
Dal Vangelo secondo Luca (24, 1-6a.9)
Il primo giorno della settimana, al mattino presto le donne si
recarono al sepolcro. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal
sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Le
donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli
dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è
qui, è risorto». Ed esse annunciarono tutto questo agli Undici e a
tutti gli altri.
-Il Celebrante recita la prima parte del Padre Nostro; il Coro e il popolo, la seconda
-Il 1 Lettore recita la prima parte dell’Ave Maria; il Coro e il popolo, la seconda
-Il Gloria al Padre viene cantato dal Coro e dal popolo.
-Tutti recitano:
O Gesù, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco
dell’inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le
più bisognose della vostra misericordia. Amen.

 

II
Lettore:
Secondo mistero della gloria: Gesù ascende al cielo.
Lettore
Dal Vangelo secondo Marco (16,19-20)
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in
cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e
predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme
con loro e confermava la Parola con i segni che la
accompagnavano.
-Il Celebrante recita la prima parte del Padre Nostro; il Coro e il popolo, la seconda
-Il 1 Lettore recita la prima parte dell’Ave Maria; il Coro e il popolo, la seconda
-Il Gloria al Padre viene cantato dal Coro e dal popolo.
-Tutti recitano:
O Gesù, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco
dell’inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le
più bisognose della vostra misericordia. Amen.

 

III
Lettore
Terzo mistero della gloria:
Lo Spirito Santo scende su Maria e gli apostoli.
Lettore
Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19.22)
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre
erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli
per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse
loro: «Pace a voi!». Detto questo, soffiò e disse loro:
«Ricevete lo Spirito Santo».
-Il Celebrante recita la prima parte del Padre Nostro; il Coro e il popolo, la seconda
-Il 1 Lettore recita la prima parte dell’Ave Maria; il Coro e il popolo, la seconda
-Il Gloria al Padre viene cantato dal Coro e dal popolo.
-Tutti recitano:
O Gesù, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco
dell’inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le
più bisognose della vostra misericordia. Amen.

 

IV
Lettore:
Quarto mistero della gloria: Maria è assunta in cielo.
Lettore:
Dal Vangelo secondo Luca (1,46-50)
Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il
mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato
l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi
chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me
l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in
generazione la sua misericordia per quelli che lo temono».
-Il Celebrante recita la prima parte del Padre Nostro; il Coro e il popolo, la seconda
-Il 1 Lettore recita la prima parte dell’Ave Maria; il Coro e il popolo, la seconda
-Il Gloria al Padre viene cantato dal Coro e dal popolo.
-Tutti recitano:
O Gesù, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco
dell’inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le
più bisognose della vostra misericordia. Amen.

 

V
Lettore:
Quinto mistero della gloria:
Maria è nostra madre e regina del cielo e della terra.
Lettore:
Dal libro dell’Apocalisse (12, 1-2.5)
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di
sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di
dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il
travaglio del parto. Essa partorì un figlio maschio, destinato
a governare tutte le nazioni.
-Il Celebrante recita la prima parte del Padre Nostro; il Coro e il popolo, la seconda
-Il 1 Lettore recita la prima parte dell’Ave Maria; il Coro e il popolo, la seconda
-Il Gloria al Padre viene cantato dal Coro e dal popolo.
-Tutti recitano:
O Gesù, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco
dell’inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le
più bisognose della vostra misericordia. Amen.

 

Salve Regina
LITANIE LAURETANE
Signore, pietà. Signore, pietà
Cristo, pietà
Signore, pietà.
Cristo, ascoltaci.
Cristo, esaudiscici.
Padre del cielo, che sei Dio, abbi pietà di noi.
Figlio, Redentore del mondo, che sei Dio,
Spirito Santo, che sei Dio,
Santa Trinità, unico Dio,
Santa Maria, prega per noi.
Santa Madre di Dio,
Santa Vergine delle vergini,
Madre di Cristo,
Madre della Chiesa,
Madre di misericordia,
Madre della divina grazia,
Madre della speranza,
Madre purissima,
Madre castissima,
Madre sempre vergine,
Madre immacolata,
Madre degna d’amore,
Madre ammirabile,
Madre del buon consiglio,
Madre del Creatore,
Madre del Salvatore,
Vergine prudente,
Vergine degna di onore,
Vergine degna di lode,
Vergine potente,
Vergine clemente,
Vergine fedele,
Specchio di perfezione,

Sede della Sapienza,
Fonte della nostra gioia,
Tempio dello Spirito Santo,
Tabernacolo dell’eterna gloria,

Dimora consacrata di Dio,
Rosa mistica,
Torre della santa città di Davide,
Fortezza inespugnabile,
Santuario della divina presenza,
Arca dell’alleanza,
Porta del cielo,
Stella del mattino,
Salute degli infermi,
Rifugio dei peccatori,
Conforto dei migranti,
Consolatrice degli afflitti,
Aiuto dei cristiani,
Regina degli angeli,
Regina dei patriarchi,
Regina dei profeti,
Regina degli Apostoli,
Regina dei martiri,
Regina dei confessori della fede,
Regina delle vergini,
Regina di tutti i santi,
Regina concepita senza peccato,
Regina assunta in cielo,
Regina del rosario,
Regina della famiglia,
Regina della pace,

 

Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, perdonaci, Signore.
Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, ascoltaci, Signore.
Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.

 

V./Prega per noi, Santa Madre di Dio.
R./ Affinchè siamo fatti degni delle promesse di Cristo.
Preghiamo.
Concedi ai tuoi fedeli, Signore Dio nostro, di godere
sempre la salute del corpo e dello spirito, per la gloriosa
intercessione di Maria Santissima, sempre vergine, salvaci
dai mali che ora ci rattristano e guidaci alla gioia senza
fine.
Per Cristo nostro Signore.

OREMUS PRO PONTIFICE
La schola canta

 

BENEDIZIONE
V./ Il Signore sia con voi.
R./ E con il tuo spirito.
V./ Sia benedetto il nome del Signore.
R./Ora e sempre.
V./ Il nostro aiuto è nel nome del Signore.
R./Egli ha fatto cielo e terra.
Vi benedica Dio onnipotente,
Pa dre, e Figlio, e Spirito Santo

26 Febbraio 2025

Messaggio per la Quaresima di papa Francesco: invito a viverla come un cammino di conversione e speranza

In questa Quaresima vinciamo “la tentazione di arroccarci nella nostra autoreferenzialità e di badare soltanto ai nostri bisogni,” ma siamo “viaggiatori migliori” nel percorso della vita, accompagnando le persone in “situazioni di miseria e di violenza”. Nel suo Messaggio per la Quaresima di quest’anno, intitolato Camminiamo insieme nella speranza, firmato il 6 febbraio 2025 a San Giovanni Laterano e diffuso oggi, Papa Francesco esorta i fedeli a confrontarsi concretamente con coloro che, nelle loro comunità, vivono in situazioni di vulnerabilità, fisica o spirituale. “Sarebbe un buon esercizio quaresimale confrontarsi con la realtà concreta di qualche migrante o pellegrino e lasciare che ci coinvolga, in modo da scoprire che cosa Dio ci chiede per essere viaggiatori migliori verso la casa del Padre. Questo è un buon esame per il viandante”, scrive il Papa. Il motto del Giubileo “Pellegrini di speranza”, secondo Francesco, “fa pensare al lungo viaggio del popolo d’Israele verso la terra promessa, narrato nel libro dell’Esodo: il difficile cammino dalla schiavitù alla libertà, voluto e guidato dal Signore, che ama il suo popolo e sempre gli è fedele”. “E non possiamo ricordare l’esodo biblico senza pensare a tanti fratelli e sorelle che oggi fuggono da situazioni di miseria e di violenza e vanno in cerca di una vita migliore per sé e i propri cari”, l’appello del Papa: “Qui sorge un primo richiamo alla conversione, perché siamo tutti pellegrini nella vita, ma ognuno può chiedersi: come mi lascio interpellare da questa condizione? Sono veramente in cammino o piuttosto paralizzato, statico, con la paura e la mancanza di speranza, oppure adagiato nella mia zona di comodità? Cerco percorsi di liberazione dalle situazioni di peccato e di mancanza di dignità?”.

Leggi il Messaggio integrale