“E’ dal 6 ottobre 2019 che non siamo così numerosi, con tutto il presbiterio riunito nella cattedrale della nostra diocesi. Non pensavo potesse essere così commovente”: con queste parole il vescovo Michele Tomasi questa mattina ha salutato i presenti alla Messa del Crisma nel Giovedì santo. Dopo le restrizioni dovute alla pandemia, era la prima volta, infatti, che tutti i sacerdoti diocesani, i religiosi e i sacerdoti di altri Paesi che prestano servizio nelle nostre comunità si ritrovavano insieme, a concelebrare in questa importante occasione, che li ha visti rinnovare le loro promesse sacerdotali. Una celebrazione nella quale il Vescovo ha consacrato l’olio chiamato “crisma” e benedetto l’olio dei catecumeni e degli infermi.
Prima dell’inizio della messa la colletta che viene fatta, da tradizione: una raccolta straordinaria da destinare a situazioni di particolare necessità. In considerazione della situazione di emergenza della popolazione ucraina martoriata dalla guerra, il vescovo Michele ha disposto di sostenere questa finalità. Quanto raccolto verrà destinato a Caritas Italiana, che lo inoltrerà alla Caritas presente in Ucraina.
Il Vescovo all’inizio della celebrazione ha ringraziato per la loro presenza i vescovi emeriti di Treviso, Paolo Magnani e Gianfranco Agostino Gardin, mons. Alberto Bottari De Castello (già arcivescovo titolare di Oderzo e Nunzio apostolico emerito in Ungheria) e mons. Cesare Bonivento (Pime, già vescovo di Vanimo, in Papua Nuova Guinea).
Il saluto del Vescovo, oltre ai confratelli presbiteri, ai religiosi e alle religiose, è andato a tutti i fratelli e le sorelle in Cristo, in particolare ai membri del Consiglio pastorale diocesano, che è stato invitato in modo particolare. “Siamo, insieme, la Chiesa di Dio riunita, siamo popolo di Dio in cammino”. Mons. Tomasi ha rivolto un saluto anche ai sacerdoti, religiosi e laici “fidei donum” in missione, ai sacerdoti ammalati, a quelli della Casa del clero e, tra loro, a mons. Angelo Daniel, vescovo emerito di Chioggia, e a tutti coloro che seguivano la celebrazione in diretta streaming da casa: “Celebriamo insieme questa Eucaristia, grati al Signore per il dono che Lui ci fa di essere suoi discepoli”.
L’omelia di mons. Tomasi ha avuto al centro il tema del “miracolo dell’olio”. Il Vescovo ha invitato ciascuno a “custodire, carissimi fratelli e sorelle, per tutto l’anno a venire il buon profumo di quest’olio. Il buon profumo della vita di Dio che si dona a tutti noi. Il buon profumo delle relazioni nel popolo di Dio che ci facciano gioire profondamente dell’amore fraterno, olio che scende sul nostro capo. Il buon profumo da spargere in un mondo altrimenti troppo triste, sfiduciato, e grigio. L’olio del Cristo accenderà anche la fiamma delle nostre lampade, e avremo luce sul nostro cammino insieme, luce di vita per le strade del mondo e del tempo, per ogni uomo e ogni donna che incontreremo, per una speranza che non delude”.
Ecco l’omelia integrale del Vescovo:
Messa del Crisma – Cattedrale di Treviso – 14 aprile 2022
«Il miracolo dell’olio»
“Il Signore mi ha consacrato con l’unzione” (Is 61, 1; Lc 4, 18).
Il Messia, il Cristo, è l’Unto dal Signore. Il segno di investitura a guida e servitore del suo popolo è l’unzione con l’olio, elemento centrale, assieme al frumento e al vino, nelle culture mediterranee.
L’olio fresco, appena spremuto, profumato, è «olio di letizia»: assieme ad una coppa traboccante di vino che rinfranca, l’olio versato profuma il capo nel gesto dell’ospitalità e dell’accoglienza.
Se il vino «allieta il cuore dell’uomo» e il pane «sostiene il suo cuore», l’olio ne fa «brillare il volto» (Sal 104, 15), ne fa risaltare la bellezza e l’armonia, ne fa risplendere la profonda dignità. L’olio penetra di sé il corpo che unge, gli dà stabilità di profumo nel tempo, ne conserva il vigore, dona una grazia che permane: l’unzione del Santo, che costituisce i fedeli come creature nuove, rimane in loro, come attesta l’apostolo Giovanni (1Gv 2,27).
Il Signore Gesù ci convoca qui, oggi: siamo la sua Chiesa in cammino in questa nostra storia, e ci associa alla sua unzione, ci unisce tutti nella sua missione di salvezza. Il legame tra noi, tra tutti membri della Chiesa, ci viene donato anche da quest’olio, olio di letizia e di esultanza, segno di gioia, profumo di vita buona. Proviamo a gustare il profumo intenso dell’olio dell’oliva – quello degli infermi e quello dei catecumeni – e gustiamo anche il profumo intenso e forte del crisma, nardo, bergamotto e altri aromi preziosi. Il vincolo che ci lega gli uni agli altri è intenso, aromatico, prezioso, buono e bello come lo sono questi profumi, penetra in noi come lo fa l’olio che ci unge, rimane costitutivo come il segno che lascia in noi il frutto dell’ulivo. Gli olii su cui invocherò ora la benedizione del Signore sono il fondamento su cui si basa ogni legame tra noi, e ce ne insegna la natura e il significato: un dono di grazia che profuma e dà bellezza, che alimenta la nostra vita e che le dà gioia e splendore.
Ci lega la bellezza e la bontà di Dio e non un fato inesorabile, o un dovere contrario alla nostra felicità.
Questi olii sono segno vivo e massimo della sinodalità della Chiesa e della sua splendida e multiforme sacramentalità.
In tutte le sue forme la vita della Chiesa è autenticamente raccolta in questo segno che è davvero olio di letizia, anche nella difficoltà, anche nella prova, di cui non nasconde la forza talvolta travolgente. Non sminuisce la domanda che sorge spontanea nel momento della prova: può davvero esistere un Dio che sia buono e che permetta tutto il male, tutta la sofferenza?
Non ci sono facili risposte o soluzioni buone per ogni situazione. Eppure in ogni situazione chi si affida a Lui non dispera mai che sia donata una fonte di bene che lo Spirito Santo – la Vita di Dio – fa sgorgare e irrompere nella storia, proprio nella forma della consacrazione, dall’unzione.
È olio che ci unisce tutti a Dio, e in lui tra noi.
Al centro e al fondo della vita di tutta la Chiesa vi è quest’olio, quest’unzione: dono sovrabbondante, gratuito, che sta al di là di ogni utile, ma ciò nonostante – o forse proprio per questo – resta radicalmente necessario.
È questo che impregna di Spirito i Sacramenti, un legame di benedizione, di fecondità, di cura, di letizia, di gioia, di pace.
Siamo profumati della gioia che prova Dio nel crearci e nel trovarci amati davanti a sé, accolti e abbracciati dal suo amore. Lieto, leggero, creatore.
Siamo innestati – rami di olivo selvatico – nell’olivo buono che è Cristo (Rm 11), e siamo consacrati re, sacerdoti e profeti in Lui, mediante il battesimo. Siamo segnati dal sigillo dello Spirito Santo che ci è dato in dono e conformati sempre più a lui nella Cresima, per portare la sua Parola e la sua vita in tutte le situazioni della vita.
Cari fratelli nel presbiterato, le nostre mani sono state unte dal crisma il giorno dell’ordinazione presbiterale, con l’invocazione di poter essere «custoditi» dall’Unto del Padre “per la santificazione del suo popolo e per l’offerta del sacrificio”. Continuiamo, con l’aiuto di Dio, a confermarci nella fattiva disponibilità a questo ministero.
E voi, carissimi fratelli nell’episcopato, ricordate sicuramente il dono di gioia, l’abbraccio tenero e forte dello Spirito quando l’olio del crisma è stato versato sul nostro capo, il giorno dell’ordinazione episcopale:
“È come olio prezioso versato sul capo,
che scende sulla barba, la barba di Aronne,
che scende sull’orlo della sua veste” (Sal 133,2).
E gli olii in questa celebrazione vengono portati solennemente all’altare dai diaconi, conformati sacramentalmente a Cristo (all’unto) servo: servitori, con Lui, della gioia e del profumo della festa, collaboratori della spirituale materialità della vita sacramentale della Chiesa.
E ancora, ogni vita di consacrazione a Dio e ai fratelli diventa – ogni qual volta riesce ad abbandonarsi al suo amore – un profumo di speranza e di consolazione che si spande nelle pieghe concrete della vita, negli snodi fondamentali della storia.
Anche gli altari sono unti dal crisma, perché possano essere “segno visibile del mistero di Cristo e della Chiesa”, in un continuo richiamo e dialogo tra la comunità dei cristiani nel mondo e la casa che ospita la comunità e la sua liturgia di lode.
Siamo tutti intessuti in un’unica multiforme trama di bene, nel segno comune dell’olio, il frutto dell’ulivo, pianta tenace che dona il «miracolo dell’olio”.
Olio che a tutti, come ai catecumeni, dona di “comprendere più profondamente il Vangelo di Cristo; […] di assumere con generosità gli impegni della vita cristiana; […] di gustare la gioia di rinascere e vivere nella Chiesa”.
Olio che a tutti, come agli infermi, doni “conforto nel corpo, nell’anima e nello spirito, e liberi da ogni malattia, angoscia e dolore”, olio che il buon samaritano versa sulle ferite dell’uomo ferito, sul ciglio della strada, olio che deve ancora venire per tanti feriti e colpiti dalla storia e dalla malvagità dell’uomo, per i quali
“Dalla pianta dei piedi alla testa
non c’è nulla di sano,
ma ferite e lividure
e piaghe aperte,
che non sono state ripulite né fasciate
né curate con olio (Is 1,6).
Ecco il «miracolo dell’olio» che tutti ci unisce a Cristo e tra di noi, che ci sostiene sul cammino, che ci dona un profumo che allieta gli stanchi e gli sfiduciati, che fa di noi messaggeri della lieta novella e che ci invia a “portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore” (Is 61, 1-2).
È “il miracolo della vita che riemerge contro ogni speranza, il miracolo dell’unzione assorbita ed espressa nella compassione” (Jean-Pierre Sonnet).
Il «miracolo dell’olio» è anche la condivisione che continua al di là di ogni esclusiva di proprietà privata ma si fa responsabilità per il bene comune. Così infatti la legge per Israele:
“«Quando scuoterai i tuoi olivi, non tornerai a fare la raccolta; ciò che resta sarà per l’emigrante, l’orfano e la vedova […]. Ricorderai che nel paese d’Egitto eri schiavo; perciò ti ordino di mettere in pratica questa parola» (Dt 24,20.22). Il miracolo, quindi, è anche quello di una cultura sociale attenta alla destinazione più ampia possibile dei frutti della terra. Una società dignitosa è una società che protegge il diritto dei più poveri non soltanto a essere nutriti, ma anche a contribuire al loro cibo: è questa la dignità dello spigolare” (Jean-Pierre Sonnet).
Custodiamo, carissimi fratelli e sorelle, per tutto l’anno a venire il buon profumo di quest’olio.
Il buon profumo della vita di Dio che si dona a tutti noi.
Il buon profumo delle relazioni nel popolo di Dio che ci facciano gioire profondamente dell’amore fraterno, olio che scende sul nostro capo.
Il buon profumo da spargere in un mondo altrimenti troppo triste, sfiduciato, e grigio.
L’olio del Cristo accenderà anche la fiamma delle nostre lampade, e avremo luce sul nostro cammino insieme, luce di vita per le strade del mondo e del tempo, per ogni uomo e ogni donna che incontreremo, per una speranza che non delude.
In allegato il libretto della celebrazione