Archivi della categoria: News

Domenica 26 novembre

Comunità parrocchiali e Seminario insieme per annunciare la bellezza del Vangelo: la riflessione del rettore per la Giornata di sostegno e preghiera

Se molte delle attività vocazionali del nostro Seminario sono esperienze in cui invitiamo i ragazzi e i giovani a visitare le nostre Comunità di vita, non mancano comunque occasioni in cui sono i giovani seminaristi ad uscire nelle parrocchie o nelle Collaborazioni pastorali.
Quest’anno la Collaborazione pastorale che abbiamo visitato in occasione della Settimana vocazionale è stata quella di Mussolente – San Zenone. Anche questa volta, con la nostra presenza all’interno di queste comunità parrocchiali, abbiamo voluto offrire a tanti ragazzi e giovani, attraverso incontri e testimonianze, la possibilità di interrogarsi sull’importanza della fede e sulla concreta possibilità di seguire la strada del sacerdozio o della vita religiosa.
Questa esperienza in maniera concreta risponde all’invito che papa Francesco rivolge con la sua esortazione “Cristus vivit” affinché siano i giovani a essere i primi annunciatori ad altri giovani della bellezza dell’amicizia di Gesù per la propria vita e di come questo incontro possa cambiare la vita aprendola a nuovi orizzonti.
La possibilità di vivere tanti incontri nelle scuole superiori, oppure nei diversi gruppi è stata certamente l’occasione perché qualcuno potesse riconoscere, nel concreto della vita di un altro giovane, come si possono inseguire i sogni con scelte coraggiose. È questo il dono che con semplicità e umiltà il Seminario con le sue comunità può offrire affinché “ogni giovane abbia l’occasione di interrogarsi sulla possibilità di seguire questa strada” (CV 274).
Da parte nostra questa esperienza ci offre la possibilità di riconoscere con gratitudine tanti segni di una fede concreta e fattiva.
Il primo dono è quello di essere accolti in famiglia. Un’accoglienza che non è mai scontata, ma ci fa riconoscere nella capacità di stringersi per fare spazio a un ospite la prima testimonianza della bellezza dell’amore sponsale e della vocazione alla famiglia. Essere accolti come “persone di casa” riempie il cuore di riconoscenza e lo apre con benevolenza a una collaborazione con la vocazione al matrimonio in ordine all’annuncio dell’amore di Dio.
Un secondo dono è l’esperienza di canoniche che si trasformano in piccoli Seminari, dove la vita dei parroci diventa una forma concreta con cui misurarsi, riconoscendo le diverse modalità in cui si può declinare un’autentica cura pastorale e la ricerca di una reale fraternità presbiterale tra preti di diverse età.
Un terzo dono è la comunità parrocchiale, la nostra “chiesa di popolo”, con la sua fede e i diversi carismi che abbiamo potuto gustare, dall’assemblea domenicale, agli incontri nelle associazioni fino a quelli più informali. Una comunità che chiede di essere accompagnata da pastori e che prega perché non manchino i giovani che rispondono con generosità alla chiamata di Dio.
Proseguiamo, dunque, insieme, comunità parrocchiali e Seminario, ad annunciare la bellezza del Vangelo cercando un’alleanza sempre più profonda per offrire ai giovani e ai ragazzi percorsi nuovi e originali di accompagnamento e discernimento vocazionale.
don Luca Pizzato, Rettore

Nella foto i giovani della Comunità Teologica con il sindaco di Mussolente durante la Settimana di animazione vocazionale a Mussolente – San Zenone a inizio novembre

Giornata dei poveri: ottanta persone a pranzo in vescovado

A pranzo a casa del Vescovo. Oggi, per un bel numero di persone seguite dalla Caritas diocesana di Treviso, c’è stato un momento speciale e semplice al tempo stesso: il pranzo organizzato in occasione della settima giornata mondiale dei poveri, voluta da papa Francesco, si è tenuto nel salone ducale del Vescovado.

E così, il salone affrescato che di solito ospita le udienze e gli incontri ufficiali, si è trasformato in una grande sala da pranzo, preparata con cura ed eleganza, dove mons. Tomasi ha accolto tutti, ringraziandoli di aver accettato l’invito: le persone che normalmente pranzano alla mensa Caritas e gli operatori e i volontari di Caritas tarvisina, che hanno organizzato l’appuntamento.

Tradizionalmente era il Vescovo a recarsi in Casa della carità, in questa occasione, per pranzare insieme. Ma qualche mese fa, proprio il Vescovo e don Davide Schiavon, il direttore di Caritas morto lo scorso 1° novembre, hanno pensato di organizzare l’iniziativa invitando tutti in Vescovado, come ha ricordato mons. Tomasi accogliendo gli ospiti: “E’ molto bello essere qui oggi, insieme. E’ stata un’idea condivisa con don Davide, quella di ritrovarci in questo luogo. Don Davide, che molti di voi hanno conosciuto, ci ha lasciato, ma ci assiste dal posto più bello e gioioso, e ci dà la forza di continuare a volerci bene. Ringraziamo l’Onnipotente, che non ci fa mancare nulla, ci dona la creazione perché possiamo condividere i suoi beni, e ci dona l’amore dei fratelli e delle sorelle affinché possiamo condividerli con loro e proviamo a non sentirci soli e a godere della compagnia gli uni degli altri”.

Al pranzo hanno partecipato anche il vicario generale, mons. Mauro Motterlini, e il vicario per le Collaborazioni pastorali, don Antonio Mensi. Al termine del momento conviviale, mons. Tomasi ha illustrato la storia del salone, spiegando gli affreschi che ne decorano le pareti.

“La bellezza ferita”: terza Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi

Il 2023 vede il terzo anno di celebrazione in tutte le Diocesi e le Parrocchie italiane della Giornata di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi il prossimo 18 novembre. L’iniziativa, istituita in corrispondenza della Giornata europea per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, coinvolge tutta la comunità cristiana nella preghiera, nella richiesta di perdono per i peccati commessi e nella sensibilizzazione riguardo a questa dolorosa realtà.

Il tema di quest’anno è “La Bellezza Ferita” «Curerò la tua ferita e ti guarirò dalle tue piaghe» (Ger 30,17).

Il capitolo 30 inaugura una sezione del libro di Geremia dedicata alla consolazione (Ger 30-31). Il Signore chiede al profeta di scrivere su di un rotolo alcune parole, che non potranno più essere cancellate: «Cambierò la sorte del mio popolo» (Ger 30,3). Si tratta dell’impegno solenne di Dio a cambiare il corso della storia, a trasformare il lutto in gioia, a ricondurre il suo popolo a casa dalla terra d’esilio.
Israele aveva vissuto i traumi della violazione della Città santa e della conseguente deportazione della popolazione in Babilonia. Ne erano seguiti anni difficili, nei quali il popolo di Dio era stato costretti a vivere in terra straniera. Tanti canti e preghiere rievocavano la nostalgia di una gioia perduta e che non sembrava più recuperabile. I ricordi si mescolavano con il tormento: «Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion» (Sal 137,1).
Ma dopo questa stagione drammatica il Signore apre un tempo nuovo: c’è una speranza che si affaccia concretamente all’orizzonte. È venuto il momento di ricucire lo strappo, di ritornare all’antica serenità, di riprendere il cammino che si era bruscamente interrotto. Il profeta si fa quindi latore di uno straordinario quanto inatteso messaggio di speranza: il Signore è pronto a guarire ogni ferita, anche la più profonda. E a ridare bellezza alla vita.

Per animare la Giornata, sono stati predisposti alcuni sussidi e un manifesto. Tutto il materiale nel sito del Servizio nazionale

In allegato uno schema di preghiera.

A questo link per conoscere il Servizio diocesano tutela minori e soggetti vulnerabili

 

I DATI DEI SERVIZI DIOCESANI

Nei giorni scorsi, in occasione dell’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, sono stati presentati i dati della seconda rilevazione nazionale sul tema degli abusi nella Chiesa e sui Servizi di tutela istituiti nelle diocesi.

A questo link i dati presentati

A questo link intervista sui Servizi territoriali di tutela e in particolare sui Centri di ascolto

A questo link le dichiarazioni del presidente della Cei, card. Matteo Zuppi

 


Quindici vescovi e quasi duecento sacerdoti per l’ultimo saluto al vescovo Paolo Magnani

E’ stato celebrato questa mattina, in cattedrale a Treviso, il funerale del vescovo emerito, mons. Paolo Magnani, morto domenica 5 novembre, a 96 anni, nella sua casa, nella parrocchia di Sant’Agnese.

Poco dopo le 8 la salma è arrivata in cattedrale dalla chiesa degli Oblati, ed è stata accolta dal vescovo Michele Tomasi, dal parroco della cattedrale, mons. Mario Salviato e dai canonici del Capitolo, che hanno celebrato l’Ufficio dei defunti con la preghiera delle Lodi.

A presiedere il funerale, il patriarca di Venezia e presidente della Conferenza episcopale del Triveneto, mons. Francesco Moraglia. Hanno concelebrato, oltre al vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi, altri 14 vescovi del Triveneto e delle diocesi di Pavia – di cui mons. Magnani era originario – e di Lodi – dove è stato vescovo prima di arrivare a Treviso -, ma anche di Piacenza, Arezzo e Mondovì. Numerosi anche i Vescovi che hanno inviato la partecipazione al cordoglio, e ricordati dal vescovo Tomasi, nel suo saluto iniziale, nel quale ha trasmesso la partecipazione al lutto da parte di papa Francesco e del presidente e del segretario della Cei, il card. Zuppi e mons. Baturi. Molto numerosi i sacerdoti diocesani – molti dei quali ordinati proprio dal Vescovo Paolo – e una rappresentanza di sacerdoti dalla diocesi di Lodi.

Non hanno voluto mancare anche le autorità civili e militari. Diversi i sindaci e i rappresentanti dei Comuni della diocesi di Treviso presenti, tra i quali il primo cittadino di Treviso, Mario Conte, e poi il Questore, Manuela De Bernardin Stadoan, Pietro Signoriello, Commissario di Governo della Regione Friuli Venezia Giulia e prefetto di Trieste, il Presidente della Provincia di Treviso, Stefano Marcon, il presidente del Consiglio comunale di Treviso, Antonio Dotto, e di Lodi, Antonio Uggé, e il sindaco di Lorenzago, Marco D’Ambros. Il presidente della Regione, Luca Zaia, ha inviato un messaggio di partecipazione.

Mons. Moraglia, nell’omelia, ha voluto ricordare il vescovo Magnani commentando il brano del Vangelo delle Beatitudini proclamato nella liturgia, attraverso uno scritto dello stesso mons. Magnani. “Le beatitudini costituiscono il codice della santità cristiana – ha ricordato il patriarca – e proprio il confronto con esse ci pone innanzi alla necessità di una vera conversione personale e comunitaria; esse davvero segnano il tempo e l’eternità e ci aiutano in vista di un reale discernimento – siamo in tempo di Cammino sinodale – circa le priorità e le attività pastorali a cui devono guardare le nostre Chiese, a partire da Gesù Cristo, l’unico essenziale”. Mons. Paolo Magnani, nelle Chiese in cui ha esercitato ministeri differenti, “ha lasciato la bella testimonianza di una fede robusta, cresciuta inizialmente in ambito famigliare e poi rafforzata con la formazione in Seminario, gli studi teologici e l’esercizio del ministero. Fede e ragione in lui costituivano un binomio ben articolato” ha sottolineato mons. Moraglia, ricordando l’impegno per la formazione dei sacerdoti e per la formazione spirituale e culturale dei laici, la sensibilità per la liturgia, e la passione per l’arte del governo, l’attenzione nei confronti della storia, con una capacità di lettura sapienziale degli avvenimenti. “Sapeva muoversi con le doti necessarie che si esprimono in termini di saggezza, equilibrio, prudenza”, e possedeva “la dote di conoscere bene le persone”, ricco di una sensibilità d’animo che non esibiva in pubblico. E il patriarca ha concluso ricordando le parole stesse di mons. Magnani, in occasione del 70° anniversario di ordinazione presbiterale, che riassumono la sua persona e la sua storia: “Sono qui, come sono, per Grazia di Dio – disse rivolto ai trevigiani -. E sono quello che anche voi avete fatto di me in questi anni vissuti in mezzo a voi”, e concluse definendosi “un vescovo di famiglia, di parrocchia, di paese, di diocesi, di Chiesa”.

Al termine, la tumulazione nella cripta della cattedrale, alla presenza dei Vescovi, dei canonici, dei famigliari di mons. Magnani e di don Bernardo Marconato, segretario del vescovo Magnani, che mons. Moraglia e mons. Tomasi hanno ringraziato per la dedizione e la cura di questi anni.

 

I VESCOVI PRESENTI

  1. Ecc. Mons. Francesco Moraglia, Patriarca Venezia e Presidente CET
  2. Ecc. Mons. Michele Tomasi, Vescovo di Treviso
  3. Ecc. Mons. Giampaolo Dianin, Vescovo Chioggia
  4. Ecc. Mons. Giuseppe Pellegrini, Vescovo Concordia-Pordenone
  5. Ecc. Mons. Giuliano Brugnotto, Vescovo di Vicenza
  6. Ecc. Mons. Corrado Pizziolo, Vescovo di Vittorio Veneto
  7. Ecc. Mons. Carlo Redaelli, Arcivescovo di Gorizia
  8. Ecc. Mons. Andrea Bruno Mazzocato, Arcivescovo di Udine
  9. Ecc. Mons. Adriano Cevolotto, Vescovo di Piacenza
  10. Ecc. Mons. Alberto Bottari De Castello, già nunzio in Ungheria
  11. Ecc. Mons. Maurizio Malvestiti, Vescovo di Lodi
  12. Ecc. Mons. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia
  13. Ecc. Mons. Andrea Migliavacca, Vescovo di Arezzo (originario di Pavia)
  14. Ecc. Mons. Egidio Miragoli, Vescovo di Mondovì (ex segretario di mons. Magnani)
  15. Ecc. Mons. Vittorio Lanzani, Vescovo originario di Pavia
  16. Ecc. Mons. Giuseppe Merisi, Vescovo emerito di Lodi

 

VESCOVI CHE HANNO INVIATO SALUTO

  1. Ecc. Mons. Gianfranco Agostino Gardin, Vescovo emerito
  2. Ecc. Mons. Angelo Daniel, Vescovo emerito di Chioggia
  3. Ecc. Mons. Pierantonio Pavanello, Vescovo di Adria-Rovigo
  4. Ecc. Mons. Claudio Cipolla, Vescovo di Padova
  5. Ecc. Mons. Lauro Tisi, Vescovo di Trento
  6. Ecc. Mons. Ivo Muser, Vescovo di Bolzano-Bressanone
  7. Ecc. Mons. Luigi Bressan, Vescovo emerito di Trento
  8. Ecc. Mons. Ovidio Poletto, Vescovo emerito di Concordia-Pordenone

 

 

 

Cinque serate da dicembre a giugno dedicate in modo speciale ai giovani dai 18 ai 35 anni

Giovani alla scuola della Parola: il Vescovo presenta “Lampada ai miei passi”

In un suo intervento del 1990 all’Università Gregoriana di Roma, il cardinale Carlo Maria Martini raccontava così gli inizi della Scuola della Parola in Diocesi di Milano: “L’iniziativa è nata nella nostra diocesi di Milano senza alcuna pretesa. Alcuni giovani, dieci anni fa, mi chiesero di insegnare loro a pregare con la Bibbia e, dopo una mia breve istruzione, sentirono l’esigenza di imparare attraverso degli insegnamenti pratici. Proposi allora la Scuola della Parola in Duomo, a partire dall’ottobre 1980; dai trecento giovani presenti la prima sera siamo rapidamente passati a cinquecento, poi a mille, duemila, tremila… L’appuntamento del primo giovedì di ogni mese divenne di anno in anno familiare a moltissimi giovani” (Carlo Maria Martini, La Scuola della Parola, Firenze, Bompiani, 2018, 51).
Negli anni successivi, sono stato io stesso uno dei giovani che hanno partecipato alla Scuola della Parola: ricordo questi appuntamenti come dei passi molto importanti, se non decisivi, nella maturazione della mia vocazione al sacerdozio, da studente di Economia quale ero allora.
Si tratta di una piccola testimonianza personale, per me significativa. Nelle mie esperienze successive, ho sperimentato che “l’esercizio ordinato dell’ascolto personale della Parola” (questa una concisa e completa definizione della Lectio divina) era alimento della preghiera e della vita, e che ascoltare personalmente – con un impegno che non viene delegato ad altri -, ma in comunità, all’interno della Chiesa (maestra e custode delle Scritture Sante) la Parola di Dio riesce a dare un volto nuovo e gioioso alla comunità cristiana.
Apprezzo molto e sostengo tutte le iniziative che, da Vescovo, ho trovato e trovo attive e vitali in Diocesi. Ricordo, tra tutte, la bella pratica del “Vangelo nelle case”, che torno ancora una volta a incoraggiare, anche dopo le fatiche a incontrarsi durante la pandemia.
Sono, ora, convinto che sia giunto anche per me il momento di offrire la possibilità di pregare la Parola, come un aspetto fondamentale del mio ministero episcopale. Quando Pietro e gli Apostoli imposero le mani ai primi diaconi nella comunità di Gerusalemme, lo fecero perché il servizio potesse essere svolto al meglio, affermando: “Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola” (At 6,4).
Il Vescovo, così esorta con convinzione papa Francesco, deve vivere la sua vicinanza al Signore e al popolo di Dio innanzitutto coltivando la vita di preghiera: “La preghiera non è per il Vescovo devozione, ma necessità; non un impegno tra tanti, ma un indispensabile ministero di intercessione: egli deve portare ogni giorno davanti a Dio le persone e le situazioni” (Papa Francesco ai Vescovi nei territori di Missione, 8 settembre 2018).
Su questo cammino ho sempre bisogno di continua conversione. Rimane, però, centrale anche per me come Vescovo il “servizio della Parola”, e penso che sia importante svolgerlo anche in questa forma: imparare a pregare la Parola, in particolare assieme a quei giovani – adulti che stanno dando una forma matura al cammino della loro esistenza, per trasformare le realtà che viviamo con la forza del Vangelo.
Per questo invito i giovani dai 18 ai 35 anni (ma interessati, anche di altre età, sono cordialmente invitati) a partecipare agli incontri che terrò in Cattedrale da dicembre a giugno (in allegato la locandina), all’inizio del mese, dal titolo: “Lampada ai miei passi è la tua Parola. Entrare nella preghiera alla Scuola della Parola”.
Durante l’ordinazione a Vescovo è stato aperto il libro del Vangelo sopra il mio capo, perché tutta la mia vita fosse sotto la signoria della Parola di Dio: camminiamo insieme sotto la Parola. Impareremo sempre più l’amore di Dio.
† Michele Tomasi, vescovo


Lunedì mattina in cattedrale il funerale di don Davide Schiavon

Si terrà lunedì mattina 6 novembre alle ore 11, in cattedrale a Treviso, il funerale di don Davide Schiavon, 54 anni, il sacerdote diocesano, direttore della Caritas Tarvisina, morto improvvisamente ieri mattina alla Casa della carità.

Il funerale sarà presieduto dal vescovo di Treviso, Michele Tomasi.

La salma arriverà in Cattedrale già alle 10.00 per consentire ai fedeli un momento di raccoglimento e preghiera. Dopo le esequie, la sepoltura avverrà nel cimitero di San Donà di Piave. È gradita la conferma di presenza delle autorità alla Segreteria del Vescovo (segreteria.vescovo@diocesitreviso.it).

Ci sarà la diretta sul canale YouTube della diocesi di Treviso e in televisione su Antenna Tre Medianordest (canale 10 del digitale terrestre).

Domenica 5 novembre, alle ore 20.30, sarà recitato il Rosario nel Duomo di San Donà di Piave e nella chiesa di S.M. Ausiliatrice in Treviso (Chiesa Votiva).

Non fiori ma donazioni spontanee alla Casa della Carità della Caritas – è la richiesta pubblicata nell’epigrafe -, dove don Davide con grande passione ha dedicato la sua vita negli ultimi 15 anni:
Iban: IT55 H 08399 12000 000000318111 (intestato al braccio operativo Fondazione Caritas Treviso Ente Filantropico)

 

Ecco il link dal canale YouTube della diocesi di Treviso per la diretta streaming

Questo contenuto non è disponibile per via delle tue sui cookie

 

 

Relazione di sintesi della prima fase del Sinodo: “La Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto”

La Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, che “vuole ascoltare tutti”, nessuno escluso, e “deve ascoltare con particolare attenzione e sensibilità la voce delle vittime e dei sopravvissuti agli abusi sessuali, spirituali, economici, istituzionali, di potere e di coscienza da parte di membri del clero o di persone con incarichi ecclesiali”. Lo si legge nella Relazione di sintesi, pubblicata sabato 28 ottobre, della prima fase del Sinodo sulla sinodalità, che ha un carattere transitorio, in attesa dell’assemblea conclusiva in programma nell’ottobre prossimo. Per la prima volta in un Sinodo dei vescovi, tra i 365 membri con diritto di voto (compreso il Papa) hanno votato non solo vescovi, ma anche sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, e laici, tra cui 54 donne. Tre le parti in cui è strutturato il testo, approvato a larghissima maggioranza, cioè con la maggioranza qualificata dei due terzi. La prima parte delinea “Il volto della Chiesa sinodale”, presentando i principi teologici che illuminano e fondano la sinodalità. La seconda parte, intitolata “Tutti discepoli, tutti missionari”, tratta di tutti coloro che sono coinvolti nella vita e nella missione della Chiesa e delle loro relazioni. Nella terza parte, dal titolo “Tessere legami, costruire comunità”, la sinodalità appare principalmente come un insieme di processi e una rete di organismi che consentono lo scambio tra le Chiese e il dialogo con il mondo. In ciascuna delle tre parti, ogni capitolo raccoglie le convergenze, le questioni da affrontare e le proposte emerse dal dialogo.

Diaconato femminile. Uno dei temi più controversi al Sinodo sulla sinodalità è stato quello dell’accesso delle donne al ministero diaconale. Il relativo paragrafo del documento, infatti, ha registrato il maggior numero di “no”, rispetto alle questioni da affrontare, dai 365 votanti: 69 no contro 277 sì. “Alcuni considerano che questo passo sarebbe inaccettabile in quanto in discontinuità con la Tradizione”, si spiega nel testo: “Per altri, invece, concedere alle donne l’accesso al diaconato ripristinerebbe una pratica della Chiesa delle origini. Altri ancora discernono in questo passo una risposta appropriata e necessaria ai segni dei tempi, fedele alla Tradizione e capace di trovare eco nel cuore di molti che cercano una rinnovata vitalità ed energia nella Chiesa. Alcuni esprimono il timore che questa richiesta sia espressione di una pericolosa confusione antropologica, accogliendo la quale la Chiesa si allineerebbe allo spirito del tempo”. Il dibattito a riguardo, si fa notare nella relazione, “è anche connesso alla più ampia riflessione sulla teologia del diaconato”. “Le Chiese di tutto il mondo hanno formulato con chiarezza la richiesta di un maggiore riconoscimento e valorizzazione del contributo delle donne e di una crescita delle responsabilità pastorali loro affidate in tutte le aree della vita e della missione della Chiesa”, uno dei risultati del dibattito sinodale: di qui la necessità di chiedersi “come la Chiesa può inserire più donne nei ruoli e nei ministeri esistenti” e interrogarsi sulle “modalità” di eventuali “nuovi ministeri”. Tra le proposte alle Chiese locali, quelle di “allargare il loro servizio di ascolto, accompagnamento e cura alle donne che nei diversi contesti sociali risultano più emarginate” e “garantire che le donne possano partecipare ai processi decisionali e assumere ruoli di responsabilità nella pastorale e nel ministero”, sulla scia di quanto il Papa ha fatto inserendo un numero significative di donne in posizioni di responsabilità nella Curia Romana. “Clericalismo, maschilismo e un uso inappropriato dell’autorità continuano a sfregiare il volto della Chiesa e danneggiano la comunione”, il monito, insieme a quello di “evitare di ripetere l’errore di parlare delle donne come di una questione o un problema”.

Celibato sacerdotale. Tra i membri votanti al Sinodo, 55 su 291 non ritengono che il celibato sacerdotale sia da mettere in discussione. “Tutti ne apprezzano il valore carico di profezia e la testimonianza di conformazione a Cristo”, si legge nel testo: “alcuni chiedono se la sua convenienza teologica con il ministero presbiterale debba necessariamente tradursi nella Chiesa latina in un obbligo disciplinare, soprattutto dove i contesti ecclesiali e culturali lo rendono più difficile. Si tratta di un tema non nuovo, che richiede di essere ulteriormente ripreso”. Quanto al diaconato permanente, “alcune Chiese locali non l’hanno introdotto affatto; in altre, si teme che i diaconi vengano percepiti come una sorta di rimedio alla carenza di preti. Talvolta la loro ministerialità si esprime nella liturgia piuttosto che nel servizio ai poveri e bisognosi della comunità”.

Orientamento sessuale. “Approfondire il tema dell’educazione affettiva e sessuale, per accompagnare i giovani nel loro cammino di crescita e per sostenere la maturazione affettiva di coloro che sono chiamati al celibato e alla castità consacrata”. E’ una delle indicazioni della Relazione di sintesi, in cui non compare mai il termine LBGT, contenuto nell’Instrumentum laboris, ma si parla di “orientamento” sessuale.  “Alcune questioni, come quelle relative all’identità di genere e all’orientamento sessuale, al fine vita, alle situazioni matrimoniali difficili, alle problematiche etiche connesse all’intelligenza artificiale, risultano controverse non solo nella società, ma anche nella Chiesa, perché pongono domande nuove”, si legge nel testo, in cui si riconosce che “talora le categorie antropologiche che abbiamo elaborato non sono sufficienti a cogliere la complessità degli elementi che emergono dall’esperienza o dal sapere delle scienze e richiedono affinamento e ulteriore studio”. Del resto, come aveva ricordato il Papa nel suo breve intervento a braccio a conclusione della ventesima Congregazione generale, “il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo”.

Digiuno, preghiera e penitenza per la pace in Terra santa: venerdì 27 in comunione con il Papa

A Treviso, in cattedrale, Adorazione eucaristica con il Vescovo dalle 20 alle 21

La nostra diocesi in preghiera per la pace con papa Francesco, che ha indetto per venerdì 27 ottobre una giornata di digiuno, di preghiera e di penitenza per la pace in Terra Santa, invitando ad aderire anche esponenti delle altre confessioni cristiane e di altre fedi.

“Inquieta il possibile allargamento del conflitto, mentre nel mondo tanti fronti bellici sono già aperti. Tacciano le armi! Si ascolti il grido di pace dei popoli, della gente, dei bambini – ha detto Francesco, a margine dell’udienza generale di mercoledì 18 ottobre -. Fratelli e sorelle, la guerra non risolve alcun problema, semina solo morte e distruzione, aumenta l’odio e moltiplica la vendetta. La guerra cancella il futuro. Esorto i credenti a prendere in questo conflitto una sola parte: quella della pace; ma non a parole, con la preghiera, con la dedizione totale. Esorto i credenti a prendere in questo conflitto una sola parte: quella della pace, non a parole ma con la preghiera, con la dedizione totale”. Pensando a quanto sta avvenendo, le parole del Papa, “ho deciso di indire per venerdì 27 ottobre una giornata di digiuno, preghiera, di penitenza, alla quale invito ad unirsi nel modo che riterranno opportuno le sorelle e i fratelli delle varie confessioni cristiane e gli appartenenti alle altre religioni e quanti hanno a cuore la causa della pace nel mondo”. Quella sera, alle 18 in San Pietro “vivremo in spirito di penitenza un’ora di preghiera per implorare ai nostri giorni la pace in questo mondo. Chiedo a tutte le chiese particolari di parteciparvi predisponendo iniziative simili che coinvolgano il popolo di Dio”.

L’invito del Papa è stato raccolto dalla Chiesa italiana, che ha predisposto, attraverso l’Ufficio Liturgico Nazionale, un sussidio per l’Adorazione eucaristica, intitolato “Il grido della pace” (in allegato).

Anche le nostre parrocchie e comunità sono invitate a predisporre un momento di preghiera durante la giornata del 27, in comunione con il Papa e la Chiesa universale. In cattedrale, a Treviso, ci sarà l’Adorazione eucaristica, dalle 20 alle 21, guidata dal Vescovo.

 

Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni. Rivolgiamo lo sguardo a tanti civili massacrati come “danni collaterali”. Domandiamo alle vittime. Prestiamo attenzione ai profughi, a quanti hanno subito le radiazioni atomiche o gli attacchi chimici, alle donne che hanno perso i figli, ai bambini mutilati o privati della loro infanzia. Consideriamo la verità di queste vittime della violenza, guardiamo la realtà coi loro occhi e ascoltiamo i loro racconti col cuore aperto. Così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turberà il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace. (Papa Francesco Fratelli tutti n. 261).


“Suicidio assistito o malati assistiti?”. Nota dei Vescovi e della Pastorale della salute della Conferenza episcopale del Triveneto

“Il suicidio assistito, come ogni forma di eutanasia, si rivela una scorciatoia: il malato è indotto a percepirsi come un peso a causa della sua malattia e la collettività finisce per giustificare il disinvestimento e il disimpegno nell’accompagnare il malato terminale. Primo compito della comunità civile e del sistema sanitario è assistere e curare, non anticipare la morte. La deriva a cui ci si espone, in un contesto fortemente tecnologizzato, è dimenticarsi che lo sforzo terapeutico non può avere come unico obiettivo il superamento della malattia quanto, piuttosto, il prendersi cura della persona malata”: scrivono così i Vescovi e la Commissione regionale per la Pastorale della Salute della Conferenza Episcopale Triveneto, nella nota intitolata “Suicidio assistito o malati assistiti?” – testo integrale in allegato – e frutto di un’ampia riflessione comune su questi temi che fanno parte dell’attuale dibattito politico e culturale.

Di fronte ad un argomento “spesso sbandierato come un’acquisizione di diritto e ideologicamente salutato come una conquista di libertà” le Chiese del Nordest intendono “contribuire ad una riflessione che permetta a tutti e reciprocamente di approssimarsi ad una verità pienamente al servizio della persona”.

Nel testo vengono esplicitati interrogativi che accomunano tutti – credenti e non credenti – di fronte al mistero della vita, del dolore, della sofferenza e della fase terminale dell’esistenza fisica. E sono citate anche altre questioni di preminente attualità – dalla guerra al dramma delle migrazioni, dalle morti sul lavoro ai femminicidi – che sollecitano cura e attenzione per la vita dell’uomo in ogni sua fase.

Vescovi e Pastorale della Salute del Triveneto evidenziano che “la vulnerabilità emerge come una cifra insita nell’essere umano e, in una logica di ecologia integrale, in ogni essere vivente. La persona si legge come “essere del bisogno”: un bisogno che si concretizza nel pianto del neonato, nella fragilità dell’adolescente, nello smarrimento dell’adulto, nella solitudine dell’anziano, nella sofferenza del malato, nell’ultimo respiro di chi muore. Tale cifra attraversa ogni fase dell’esistenza umana”. Per questo “è essenziale porre l’accento sul tema della dignità della persona malata e sul dovere inderogabile di cura che grava su ogni persona ed in particolare su chi opera nel settore socio-sanitario chiamando in causa l’etica, la scienza medica e la deontologia professionale”.

La risposta da dare, davanti a tali circostanze, comprende “il rispetto per il travaglio della coscienza di ognuno” ma soprattutto “l’impegno a fare in modo che ogni persona si senta parte di un contesto di relazioni di qualità che permettano di superare lo sconforto e il senso di impotenza. Una società capace di cura evita lo scarto e costruisce cammini di speranza non solo per le persone assistite ma anche per chi se ne prende cura, non lasciando sole le famiglie e rinsaldando il vincolo sociale di solidarietà di fronte a chi soffre. In tutto questo le comunità cristiane sono chiamate a fare la loro parte”.

Nella seconda parte la Nota fa poi riferimento al quadro giuridico e legislativo che si sta profilando in questo periodo e rileva: “Si rimane molto perplessi di fronte al tentativo in atto da parte di alcuni Consigli regionali di sostituirsi al legislatore nazionale con il rischio di creare una babele normativa e favorire una sorta di esodo verso le Regioni più libertarie. Destano anche preoccupazione i pronunciamenti di singoli magistrati che tentano di riempire spazi lasciati vuoti dal legislatore”.

La Nota ricorda che spetta piuttosto alle Regioni “favorire luoghi di confronto e deliberazione etica” e “promuovere politiche sanitarie che favoriscano la diffusione della conoscenza e l’uso delle cure palliative, la formazione adeguata del personale, la presenza e l’azione di hospice dove la persona malata in fase terminale trovi un accompagnamento pieno, nelle varie dimensioni del suo essere, cosicché sia alleviato il dolore e lenita la sofferenza”. Circa le cure palliative, esse vanno rese più diffuse e accessibili a tutti, anche nella forma domiciliare.

C’è bisogno di “favorire uno spazio etico nel dibattito pubblico” e di “promuovere una coraggiosa cultura della vita” in modo che “possono trovare eco le domande di molte donne e molti uomini – credenti, non credenti e in ricerca – che abitano come operatori gli ospedali, le case di cura, le RSA e gli hospice e a cui non basta più solo una risposta tecnico-procedurale”.

 

In allegato il documento integrale


Fiere di san Luca: messa con il Vescovo che ha incontrato i lavoratori e le loro famiglie

La messa con i lavoratori delle giostre, alle Fiere di san Luca, a Treviso, è una tradizione che si ripete ogni anno (sospesa solo durante la pandemia), promossa dall’ufficio diocesano Migrantes. Ma quest’anno, per la prima volta, la messa è stata presieduta dal vescovo di Treviso, Michele Tomasi, che si è intrattenuto poi con i giostrai e con le loro famiglie e ha accettato l’invito a fare un giro sulla ruota panoramica.
Commentando il Vangelo della festa di san Luca (l’invio, per la predicazione, dei 72 discepoli, a due a due, con l’invito a non portare troppe cose con sé), mons. Tomasi ha ricordato l’importanza di viaggiare leggeri, come i lavoratori delle Fiere fanno.
“Viaggiare leggeri nella vita significa cercare sempre l’essenziale – ha detto -, ciò che dà senso all’esistenza. E il Vangelo ci insegna che questo essenziale è sempre e solo l’amore, la capacità di accogliere, di perdonare, di sostenere, di portare vita. Anche nel vostro caso, nel vostro lavoro, si vedono le luci, i colori, non la fatica che a volte questa vita richiede, fatta di spostamenti, di condizioni a volte difficili, come quando eravate bloccati nel tempo della pandemia. Che il Signore continui ad accompagnare il vostro cammino, il vostro impegno per la gioia delle persone, in un momento in cui sembra che siano la tristezza e il male a vincere. Ma ha già vinto il Signore, il male è sconfitto – ha concluso il Vescovo -, e allora ci sarà la gioia. Forse ci saranno delle belle giostre nel luogo dell’eternità beata, perché quello che ci aiuta a tornare fanciulli, è quello che ci rende partecipi del Regno di Dio”.
A concelebrare con il vescovo il direttore dell’ufficio Migrantes, don Bruno Baratto, don Marco Cagnin, referente dell’ufficio Migrantes per i giostrai, il parroco di Fiera, don Matteo Volpato e don Mirko Dalla Torre, direttore ufficio Migrantes della diocesi di Vittorio Veneto e assistente triveneto per i fieranti e i circensi.