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Il Vescovo ai sacerdoti nella messa del Crisma: “La nostra vita intera è a servizio dell’incontro con Lui, il nostro ministero è un dono grande”

Questa mattina in cattedrale la messa del Crisma presieduta dal Vescovo, Michele Tomasi, e concelebrata dal vescovo emerito di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, e dai sacerdoti diocesani e religiosi, oltre che dai presbiteri stranieri che prestano servizio nelle nostre comunità. Una celebrazione nella quale i sacerdoti hanno rinnovato le loro promesse. Sono stati ricordati dal Vescovo, all’inizio della messa, i presbiteri che quest’anno festeggiano un giubileo di ordinazione, dai 75 ai 25 anni.

All’interno della celebrazione eucaristica c’è stato anche il ricordo dei sacerdoti, del vescovo Gardin e del diacono Giuseppe Zago, che sono mancati nell’ultimo anno.

 

Messa del Crisma – Cattedrale di Treviso

17 aprile 2025

Omelia del vescovo Tomasi

Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione”. Queste parole di Gesù del Vangelo di Luca ci hanno fatto entrare con Lui, domenica scorsa, nella Settimana Santa: “Desiderio desideravi hoc Pascha manducare vobiscum”.

Il desiderio di Gesù è per così dire, completamente ricolmo della prospettiva di sedere a mensa con i suoi amici, in vista della sua passione, nella celebrazione familiare della Pasqua.

Ho tanto desiderato questo incontro, questa celebrazione insieme”, sta dicendo anche a noi il Signore. Ce lo dice ogni volta che ci ritroviamo insieme per la celebrazione dell’Eucaristia. Ce lo sta dicendo proprio qui, proprio ora.

Gesù ci chiama a condividere con Lui la celebrazione dell’Eucaristia. Egli ci attende. Attende questo momento, pieno di desiderio. La celebrazione dell’Eucaristia realizza ogni volta quest’aspettativa del Signore: è un tempo che Egli desidera trascorrere con noi,che vive volentieri, che lo consola profondamente, un momento di cui sente per così dire l’urgenza. Tutto l’amore di Dio si manifesta – gratuito, immeritato, immenso – nella condivisione di questo desiderio. Quella cena con gli Apostoli sta nel cuore stesso di Dio.

E, come ci ha ricordato Papa Francesco: “Pietro e gli altri stanno a quella mensa, inconsapevoli eppure necessari: ogni dono per essere tale deve avere qualcuno disposto a riceverlo. In questo caso la sproporzione tra l’immensità del dono e la piccolezza di chi lo riceve, è infinita e non può non sorprenderci. Ciò nonostante – per misericordia del Signore – il dono viene affidato agli Apostoli perché venga portato ad ogni uomo” (Papa Francesco, Desiderio Desideravi, 3).

Egli attendeva quel momento, quella Cena, quella Pasqua, per stare con i suoi amici, e perché essi donassero poi quella stessa esperienza a tutti, nel corso della storia. Essi riceveranno dal Risorto il mandato di annunciare a tutti la buona notizia della vittoria sulla morte, e la memoria viva e reale di quella mensa, di quella Cena: “fate questo in memoria di me”. Memoria che è davvero presenza viva.

Cari fratelli e sorelle in Cristo, voglio esprimere nuovamente questo punto, ancora con le parole di papa Francesco:

Prima della nostra risposta al suo invito – molto prima – c’è il suo desiderio di noi: possiamo anche non esserne consapevoli, ma ogni volta che andiamo a Messa la ragione prima è perché siamo attratti dal suo desiderio di noi.

Da parte nostra, la risposta possibile, l’ascesi più esigente, è, come sempre, quella dell’arrendersi al suo amore, del volersi lasciare attrarre da lui. Per certo ogni nostra comunione al Corpo e al Sangue di Cristo è stata da Lui desiderata nell’ultima Cena” (Desiderio desideravi, 6).

Quanto è bello che il Signore Gesù Cristo ci desideri così. Quanto è bello essere suoi discepoli. Quanto è bello, fratelli e sorelle, essere cristiani, membra vive della Chiesa.

È un puro dono di grazia: immeritato, ma non per questo meno reale ed effettivo.

Quale privilegio ci è donato, di poter entrare così in comunione con Lui e tra di noi.

Come pregheremo fra poco nel prefazio di questa nostra celebrazione, “Egli comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti”. Egli desidera incontrare tutto il popolo dei battezzati, e desidera che ognuno possa farne parte. Per portare a compimento questo desiderio, Gesù – ancora con le parole della preghiera della Chiesa – “nel suo amore per i fratelli sceglie alcuni che, mediante l’imposizione delle mani, rende partecipi del suo ministero di salvezza, perché rinnovino nel suo nome il sacrificio redentore e preparino ai figli [del Padre] il convito pasquale.

Che bello – fratelli Vescovi e Presbiteri – essere chiamati a servire Cristo e la Chiesa per rendere possibile questo incontro, questa convocazione, questa realizzazione dell’amore di Dio. La nostra vita intera è a servizio dell’incontro con Lui di tutto il popolo santo di Dio. Da questa missione scaturisce ogni altro compito, impegno, ministero o incarico particolare, nostro e di tutti i fratelli e le sorelle in Cristo.

Come coloro che dopo la Pentecoste avessero voluto incontrare Gesù vivo e risorto, non avrebbero avuto “altra possibilità se non quella di cercare i suoi per ascoltare le sue parole e vedere i suoi gesti, più vivi che mai”, anche noi non abbiamo “altra possibilità di un incontro vero con Lui se non quella della comunità che celebra. Per questo la Chiesa ha sempre custodito come il suo più prezioso tesoro il mandato del Signore: «fate questo in memoria di me» (Desiderio desideravi, 8).

Non esiste la Chiesa senza l’Eucaristia. Noi non siamo nulla senza questa cena, questa convocazione, questa celebrazione.

E non esiste l’Eucaristia senza il ministero ordinato. È un dono grande. Immeritato. Un dono che nasce dal desiderio di Cristo di vivere la Pasqua con i suoi, che sgorga dall’amore di Cristo per la Chiesa. Un dono tutto orientato a servizio del desiderio universale di salvezza di Gesù, a servizio dell’annuncio e della missione, affinché ogni uomo ed ogni donna possano essere accolti al banchetto della vita. Un dono che mostra, attraverso la presenza dei ministri ordinati, la gratuità dell’azione di Dio nella storia.

Talvolta ci capita di vedere soprattutto le molte difficoltà nell’esercizio del ministero, in questo tempo di cambiamento, spesso confuso e faticoso, nella Chiesa e nella società nel suo complesso. Talvolta sembrano prevalere la rassegnazione o l’ansia, piuttosto che la fiducia o la speranza.

Le difficoltà ci sono, così come le fatiche. C’è il rischio della solitudine, la fatica del sovraccarico di impegni, di fronte al numero di presbiteri che cala e le tante richieste che crescono da molte parti, a volte esagerate; in generale un certo smarrimento di fronte alla poca chiarezza sul ruolo del prete oggi, nella Chiesa e nella società. Tutto questo c’è, va preso sul serio, ne dobbiamo parlare e cerchiamo insieme risposte e soluzioni.

Ma nulla potrà servire, se non riscopriamo, individualmente e tutti insieme, come presbiterio, la meraviglia a cui ci chiama l’amore di Cristo, il suo desiderio cioè di affidarsi a noi per farsi presente a tutti. La bellezza di essere incaricati di offrire “nel suo nome il sacrificio redentore” e di preparare per i fedeli “il convito pasquale”, il banchetto fraterno con il Risorto.

La presidenza della celebrazione eucaristica non sia un’incombenza tra le tante, bensì la fonte della nostra vita stessa e il suo culmine, la sua meta.

Ripartiamo da qui, torniamo sempre di nuovo qui. Non c’è responsabilità più grande, non c’è dignità maggiore, non vi è fonte più sicura di gioia. Non c’è fraternità più autentica con i fratelli e le sorelle in Cristo, non vi è servizio più essenziale da offrire al nostro mondo, al nostro tempo. Da qui riceviamo in dono ogni significato, da qui ha origine ogni carità effettiva, qui viviamo la realtà del Regno di Dio.

Partiamo ancora e sempre di nuovo dal presiedere con gioia, umilmente e volentieri l’Eucaristia con le nostre comunità. Non scegliendo quella che ci è più affine, che ci sta simpatica, con cui andiamo d’accordo, in cui ci sentiamo a casa. Partiamo da lì dove siamo, assieme alle comunità così come sono, gustando la bellezza del fatto che proprio quelle sono state generate dal desiderio di Cristo di incontrarle, dal suo amore infinito. Imparando ad amarci dello stesso amore di Cristo.

Amiamo la nostra diocesi perché è generata dalla chiamata, dal desiderio, dall’amore di Gesù Cristo. Vediamola come Lui la vede, amiamola come Lui la vuole. Ogni nostra scelta abbia come fine quello di diventare tutti più «eucaristici». Lasciamoci trasformare dall’amore di Cristo, fidiamoci di Lui, affidiamoci a Lui.

Si possa dire di noi, con l’aiuto dello Spirito e la forza del Padre, quanto pregheremo, fra poco, sempre nel prefazio di questa Messa del Crisma:

Servi premurosi del tuo popolo, lo nutrano con la Parola e lo santifichino con i sacramenti; donando la vita per te e per la salvezza dei fratelli, si conformino all’immagine di Cristo, e ti rendano sempre testimonianza di fede e di amore”.

 

 

Il Vescovo ai sacerdoti nella messa del Crisma: “La nostra vita intera è a servizio dell’incontro con il Signore, il nostro ministero è un dono grande”

Questa mattina in cattedrale la messa del Crisma presieduta dal Vescovo, Michele Tomasi, e concelebrata dal vescovo emerito di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, e dai sacerdoti diocesani e religiosi, oltre che dai presbiteri stranieri che prestano servizio nelle nostre comunità. Una celebrazione nella quale i sacerdoti hanno rinnovato le loro promesse. Sono stati ricordati dal Vescovo, all’inizio della messa, i presbiteri che quest’anno festeggiano un giubileo di ordinazione, dai 75 ai 25 anni.

All’interno della celebrazione eucaristica c’è stato anche il ricordo dei sacerdoti, del vescovo Gardin e del diacono Giuseppe Zago, che sono mancati nell’ultimo anno.

 

Messa del Crisma – Cattedrale di Treviso

17 aprile 2025

Omelia del vescovo Tomasi

Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione”. Queste parole di Gesù del Vangelo di Luca ci hanno fatto entrare con Lui, domenica scorsa, nella Settimana Santa: “Desiderio desideravi hoc Pascha manducare vobiscum”.

Il desiderio di Gesù è per così dire, completamente ricolmo della prospettiva di sedere a mensa con i suoi amici, in vista della sua passione, nella celebrazione familiare della Pasqua.

Ho tanto desiderato questo incontro, questa celebrazione insieme”, sta dicendo anche a noi il Signore. Ce lo dice ogni volta che ci ritroviamo insieme per la celebrazione dell’Eucaristia. Ce lo sta dicendo proprio qui, proprio ora.

Gesù ci chiama a condividere con Lui la celebrazione dell’Eucaristia. Egli ci attende. Attende questo momento, pieno di desiderio. La celebrazione dell’Eucaristia realizza ogni volta quest’aspettativa del Signore: è un tempo che Egli desidera trascorrere con noi,che vive volentieri, che lo consola profondamente, un momento di cui sente per così dire l’urgenza. Tutto l’amore di Dio si manifesta – gratuito, immeritato, immenso – nella condivisione di questo desiderio. Quella cena con gli Apostoli sta nel cuore stesso di Dio.

E, come ci ha ricordato Papa Francesco: “Pietro e gli altri stanno a quella mensa, inconsapevoli eppure necessari: ogni dono per essere tale deve avere qualcuno disposto a riceverlo. In questo caso la sproporzione tra l’immensità del dono e la piccolezza di chi lo riceve, è infinita e non può non sorprenderci. Ciò nonostante – per misericordia del Signore – il dono viene affidato agli Apostoli perché venga portato ad ogni uomo” (Papa Francesco, Desiderio Desideravi, 3).

Egli attendeva quel momento, quella Cena, quella Pasqua, per stare con i suoi amici, e perché essi donassero poi quella stessa esperienza a tutti, nel corso della storia. Essi riceveranno dal Risorto il mandato di annunciare a tutti la buona notizia della vittoria sulla morte, e la memoria viva e reale di quella mensa, di quella Cena: “fate questo in memoria di me”. Memoria che è davvero presenza viva.

Cari fratelli e sorelle in Cristo, voglio esprimere nuovamente questo punto, ancora con le parole di papa Francesco:

Prima della nostra risposta al suo invito – molto prima – c’è il suo desiderio di noi: possiamo anche non esserne consapevoli, ma ogni volta che andiamo a Messa la ragione prima è perché siamo attratti dal suo desiderio di noi.

Da parte nostra, la risposta possibile, l’ascesi più esigente, è, come sempre, quella dell’arrendersi al suo amore, del volersi lasciare attrarre da lui. Per certo ogni nostra comunione al Corpo e al Sangue di Cristo è stata da Lui desiderata nell’ultima Cena” (Desiderio desideravi, 6).

Quanto è bello che il Signore Gesù Cristo ci desideri così. Quanto è bello essere suoi discepoli. Quanto è bello, fratelli e sorelle, essere cristiani, membra vive della Chiesa.

È un puro dono di grazia: immeritato, ma non per questo meno reale ed effettivo.

Quale privilegio ci è donato, di poter entrare così in comunione con Lui e tra di noi.

Come pregheremo fra poco nel prefazio di questa nostra celebrazione, “Egli comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti”. Egli desidera incontrare tutto il popolo dei battezzati, e desidera che ognuno possa farne parte. Per portare a compimento questo desiderio, Gesù – ancora con le parole della preghiera della Chiesa – “nel suo amore per i fratelli sceglie alcuni che, mediante l’imposizione delle mani, rende partecipi del suo ministero di salvezza, perché rinnovino nel suo nome il sacrificio redentore e preparino ai figli [del Padre] il convito pasquale.

Che bello – fratelli Vescovi e Presbiteri – essere chiamati a servire Cristo e la Chiesa per rendere possibile questo incontro, questa convocazione, questa realizzazione dell’amore di Dio. La nostra vita intera è a servizio dell’incontro con Lui di tutto il popolo santo di Dio. Da questa missione scaturisce ogni altro compito, impegno, ministero o incarico particolare, nostro e di tutti i fratelli e le sorelle in Cristo.

Come coloro che dopo la Pentecoste avessero voluto incontrare Gesù vivo e risorto, non avrebbero avuto “altra possibilità se non quella di cercare i suoi per ascoltare le sue parole e vedere i suoi gesti, più vivi che mai”, anche noi non abbiamo “altra possibilità di un incontro vero con Lui se non quella della comunità che celebra. Per questo la Chiesa ha sempre custodito come il suo più prezioso tesoro il mandato del Signore: «fate questo in memoria di me» (Desiderio desideravi, 8).

Non esiste la Chiesa senza l’Eucaristia. Noi non siamo nulla senza questa cena, questa convocazione, questa celebrazione.

E non esiste l’Eucaristia senza il ministero ordinato. È un dono grande. Immeritato. Un dono che nasce dal desiderio di Cristo di vivere la Pasqua con i suoi, che sgorga dall’amore di Cristo per la Chiesa. Un dono tutto orientato a servizio del desiderio universale di salvezza di Gesù, a servizio dell’annuncio e della missione, affinché ogni uomo ed ogni donna possano essere accolti al banchetto della vita. Un dono che mostra, attraverso la presenza dei ministri ordinati, la gratuità dell’azione di Dio nella storia.

Talvolta ci capita di vedere soprattutto le molte difficoltà nell’esercizio del ministero, in questo tempo di cambiamento, spesso confuso e faticoso, nella Chiesa e nella società nel suo complesso. Talvolta sembrano prevalere la rassegnazione o l’ansia, piuttosto che la fiducia o la speranza.

Le difficoltà ci sono, così come le fatiche. C’è il rischio della solitudine, la fatica del sovraccarico di impegni, di fronte al numero di presbiteri che cala e le tante richieste che crescono da molte parti, a volte esagerate; in generale un certo smarrimento di fronte alla poca chiarezza sul ruolo del prete oggi, nella Chiesa e nella società. Tutto questo c’è, va preso sul serio, ne dobbiamo parlare e cerchiamo insieme risposte e soluzioni.

Ma nulla potrà servire, se non riscopriamo, individualmente e tutti insieme, come presbiterio, la meraviglia a cui ci chiama l’amore di Cristo, il suo desiderio cioè di affidarsi a noi per farsi presente a tutti. La bellezza di essere incaricati di offrire “nel suo nome il sacrificio redentore” e di preparare per i fedeli “il convito pasquale”, il banchetto fraterno con il Risorto.

La presidenza della celebrazione eucaristica non sia un’incombenza tra le tante, bensì la fonte della nostra vita stessa e il suo culmine, la sua meta.

Ripartiamo da qui, torniamo sempre di nuovo qui. Non c’è responsabilità più grande, non c’è dignità maggiore, non vi è fonte più sicura di gioia. Non c’è fraternità più autentica con i fratelli e le sorelle in Cristo, non vi è servizio più essenziale da offrire al nostro mondo, al nostro tempo. Da qui riceviamo in dono ogni significato, da qui ha origine ogni carità effettiva, qui viviamo la realtà del Regno di Dio.

Partiamo ancora e sempre di nuovo dal presiedere con gioia, umilmente e volentieri l’Eucaristia con le nostre comunità. Non scegliendo quella che ci è più affine, che ci sta simpatica, con cui andiamo d’accordo, in cui ci sentiamo a casa. Partiamo da lì dove siamo, assieme alle comunità così come sono, gustando la bellezza del fatto che proprio quelle sono state generate dal desiderio di Cristo di incontrarle, dal suo amore infinito. Imparando ad amarci dello stesso amore di Cristo.

Amiamo la nostra diocesi perché è generata dalla chiamata, dal desiderio, dall’amore di Gesù Cristo. Vediamola come Lui la vede, amiamola come Lui la vuole. Ogni nostra scelta abbia come fine quello di diventare tutti più «eucaristici». Lasciamoci trasformare dall’amore di Cristo, fidiamoci di Lui, affidiamoci a Lui.

Si possa dire di noi, con l’aiuto dello Spirito e la forza del Padre, quanto pregheremo, fra poco, sempre nel prefazio di questa Messa del Crisma:

Servi premurosi del tuo popolo, lo nutrano con la Parola e lo santifichino con i sacramenti; donando la vita per te e per la salvezza dei fratelli, si conformino all’immagine di Cristo, e ti rendano sempre testimonianza di fede e di amore”.

 

 

La trasmissione del Tg3 “Fuori Tg” parla della Comunità energetica diocesana: martedì 18 febbraio alle 12.25

All’interno della settimana dedicata al risparmio energetico “M’illumino di meno” (sabato 16 era la Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili), Rai 3 parlerà della Comunità energetica diocesana di Treviso. Lo farà il Tg3, martedì 18 febbraio, alle 12.25, con la trasmissione “Tg3 Fuori Tg”, il rotocalco del Tg3 con spazi quotidiani dedicati ai consumatori, alla salute dell’agricoltura, al costume, all’economia, al mondo femminile e alla cultura.

Nei giorni scorsi la giornalista Eugenia Nante, con la sua troupe, è stata a Treviso e ha intervistato Sergio Criveller, presidente della Fondazione Diocesi Energy Ets, sulla Comunità energetica diocesana, che proprio la scorsa settimana ha dato avvio alla prima Cabina primaria, nel trevigiano. Oltre a Criveller, sono stati intervistati Manuel Marangon, direttore vendite di Reagalgrid, il partner tecnologico della Fondazione, e don Lino Regazzo, rappresentante degli ospiti della Casa del clero di Treviso. La Casa del clero, infatti, ha installato un impianto fotovoltaico di 100 kW con i quali è entrata a far parte della Cabina primaria trevigiana. Una bella accoglienza, quella che gli ospiti hanno riservato alla troupe.

Lutto in diocesi: si è spento a Roma mons. Lucio Bonora

Si è spento questa mattina al policlinico Gemelli di Roma, dopo una breve malattia, mons. Lucio Bonora, 73 anni, sacerdote trevigiano, da molti anni a servizio della Santa Sede come officiale nella Segreteria di Stato e, dal 2015, nominato da papa Francesco giudice del Tribunale ecclesiastico dello Stato della Città del Vaticano.

Autore di numerose pubblicazioni storiche sulla diocesi di Treviso e di studi sulle figure di sacerdoti e vescovi, ha curato in modo particolare molti testi sulla figura e il ministero di mons. Andrea Giacinto Longhin, vescovo di Treviso dal 1904 al 1936, beatificato da Giovanni Paolo II nel 2002. Devoto e studioso appassionato di San Pio X, nell’ottobre del 2023 ha visto realizzato il “sogno” della “Peregrinatio corporis” del santo papa trevigiano, che ha accompagnato dal Vaticano a Treviso, su incarico del card. Mauro Gambetti, arciprete della Basilica di San Pietro. Proprio lui, trevigiano in servizio in Vaticano, è stato scelto per accompagnare le reliquie di san Pio X per tutto il pellegrinaggio in Veneto: a Treviso, a Padova e a Venezia.

agenzia foto film treviso peregrinatio corporis san pio x vespri

E a san Pio X mons. Bonora ha dedicato la sua ultima opera, frutto di un lungo lavoro di ricerca e raccolta: “Omaggio a Pio X. Ritratti coevi”, con la prefazione di papa Francesco, uscito nell’aprile 2024. Un centinaio di ritratti del santo Papa trevigiano, che lo hanno raffigurato come sacerdote, vescovo, patriarca e Papa, realizzati sia da artisti famosi che da umili operatori.

Non appena possibile sarà data comunicazione per quanto riguarda i funerali.

Biografia:

Nato a Caerano di San Marco (Treviso) il 14 ottobre 1951, ordinato sacerdote il 19 febbraio 1977, è stato vicario parrocchiale al Duomo di Montebelluna dal 1977 al 1981, assistente diocesano dell’Acr dal 1981 al 1991, vicecancelliere della Curia vescovile di Treviso dal 1986 al 1991 e, nel contempo, notaio del Tribunale ecclesiastico e segretario della Commissione diocesana d’arte sacra. Dal 1991 al 1998 ha ricoperto l’incarico di parroco di Canizzano. Dal 1996 al 2005 è stato nominato giudice del Tribunale ecclesiastico regionale triveneto e dal 2001 al 2011 canonico della cattedrale di Treviso, della quale era attualmente canonico onorario.

Laureatosi in Diritto canonico alla Pontificia Università S. Tommaso di Roma, nel 1992 ha conseguito il Diploma di Paleografia, Archivistica e Diplomatica presso l’Archivio di Stato di Venezia e pochi anni fa ha conseguito il dottorato in Sacra Liturgia al Pontificio Istituto Liturgico S. Anselmo in Roma. E’ stato consulente tecnico-scientifico del Progetto “Ecclesiae Venetae” per l’inventariazione degli archivi delle diocesi del Veneto. Nel 2005 era stato chiamato in Segreteria di Stato come officiale e nel 2009 gli era stato conferito il titolo di Cappellano di Sua Santità; dal febbraio 2013 era anche Prelato della Camera Apostolica. Nel 2015 papa Francesco lo aveva nominato giudice del Tribunale ecclesiastico dello Stato della Città del Vaticano.

Pubblicazioni:

Studi storici: sull’Arcivescovo Augusto Zacco, vescovo di Treviso (1723-1739) nel 1988; sulla Chiesa di Treviso fra 600 e 700 nella collana di Storia delle diocesi venete edita dalla Gregoriana di Padova, nel 1994; sulle Fonti ecclesiastiche vescovili, in specie sulle visite pastorali, nel 1994; sull’antica reliquia della Croce dell’Ospedale di Treviso; sulla Confraternita della B. Vergine e del Suffragio di Castelfranco Veneto nel 1997; sul pittore trevigiano del ‘700 Medoro Coghetto; sugli Affreschi del ‘400 e ‘500 della chiesa di Canizzano, dei quali ha provveduto come parroco al completo restauro del ciclo, nel 1997; sulla cinquecentesca Cappella del Santissimo della Cattedrale di Treviso nel 2001. Ha atteso, inoltre, alla realizzazione della Mostra “Treviso cristiana. 2000 anni di fede” tenutasi durante il Giubileo del 2000 e ne ha curato il Catalogo con alcuni contributi sulla Ritrattistica dei Vescovi trevigiani, sul culto in diocesi di San Carlo Borromeo, sul profilo del Parroco tridentino, sulle Confraternite di devozione della diocesi. Dal 2000 si è dedicato alla revisione sistematica dell’opera del vescovo di Treviso, Andrea Giacinto Longhin (1904-1936), beatificato da Giovanni Paolo II nel 2002, pubblicando diversi studi: le Relationes ad Limina (I parte), nel 2002; gli Atti del Convegno storico tenutosi a Treviso nel marzo 2003 e a Padova nel 2004; il Diario della prima visita pastorale alla diocesi nel 2005; nel 2012 il volume bio-iconografico Un Pastore e la sua Chiesa, edito da Compiano, che fu presentato privatamente a Papa Benedetto XVI nel novembre 2012 e pubblicamente alla Domus S. Marthae, in Vaticano il 24 maggio 2013, con il caldo apprezzamento di papa Francesco.

Nel 2021 un omaggio alla sua parrocchia natale, con la pubblicazione di “Caerano di San Marco. Piccola guida alla chiesa parrocchiale”. Nell’aprile 2024, infine, “Omaggio a Pio X. Ritratti coevi”, del quale papa Francesco, ricordando il proprio amore per il santo papa trevigiano, scriveva nella prefazione: “Godo di questo nuovo studio su Pio X, che hai redatto con serietà e passione”.

Treviso, 21 gennaio 2025

 

Mons. Bonora racconta il “suo” san Pio X

 

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Lettori e accoliti, sul modello di Giuseppe. Il 19 marzo in chiesa Immacolata anche il rito di ammissione

Era proprio bella la chiesa Immacolata del Seminario nella festa di San Giuseppe, gremita di persone di ogni età: adulti, anziani, coppie con figli in passeggino e davvero molti giovani. Erano famigliari, amici, parrocchiani dei quattro giovani, studenti del nostro Seminario, che mons. Tomasi ha istituito accoliti e lettori durante la celebrazione eucaristica.
Ma in tanti si erano raccolti già mezz’ora prima, per pregare insieme i Vespri, durante i quali c’è stato il rito di ammissione tra i candidati all’Ordine sacro di Sebastiano Schiavon, anch’egli seminarista, originario della parrocchia di San Biagio di Callalta. Un primo passo, all’interno di un cammino di formazione e discernimento, quello di Sebastiano, “una disponibilità che la Chiesa accoglie e che, se diventerà risposta alla chiamata del Signore, sarà un dono grande a Lui e alla Chiesa”, ha detto il Vescovo, che gli ha affidato due delle caratteristiche di san Giuseppe che vengono cantate nell’inno “Patris corde”, ispirato alla Lettera apostolica di papa Francesco: “parola silenziosa e illuminante”, e poi “speranza creativa, Padre dal coraggio vivo”. “Di Giuseppe non ci sono state tramandate parole, ma la sua vita è stata una piena realizzazione della Parola di Dio – ha ricordato mons. Tomasi -, nella fedeltà e nella capacità di custodire il sogno. Una Parola che illumina, che apre spazi di libertà e bellezza. Abbiamo anche bisogno della speranza, che è la fede nel Signore che illumina possibilità di futuro, e di una speranza creativa che insegua i sogni, oltre che di un coraggio che è capacità di affrontare la vita da adulto, perché – ha concluso rivolto a Sebastiano – il Signore si fida di te. E San Giuseppe ci viene dato come meta: conviene puntare in alto!”.
Numerosi, durante la messa con l’istituzione dei ministeri di lettore e accolito, i sacerdoti concelebranti insieme al Vescovo: dai responsabili ed educatori del Seminario ai giovani preti che fino a pochi anni fa hanno camminato insieme ai quattro giovani, ai parroci delle parrocchie di origine e di servizio. Riccardo Perizzolo, di Castelcucco e Claudio Pistolato, di Cappella di Scorzè, sono stati istituiti lettori, mentre Maurizio Castellan, di Onigo, e Francesco Tesser, di Marcon, sono stati istituiti accoliti. Giovani già in cammino verso il presbiterato. I ministeri conferiti, però, non rappresentano tanto due tappe, ma due momenti significativi in sé, ha spiegato mons. Tomasi nell’omelia, perché questi rimangono, segno della fedeltà a un modo di Dio di essere presente nella storia, che è eterna, non a tempo.
Ai nuovi lettori il Vescovo ha ricordato che porteranno la Scrittura nella loro vita e aiuteranno la comunità dei fedeli ad amarla, “ma voi stessi accettate di farvi portare e abbracciare dalla Parola di Dio”. Una Parola che diventa carne in Gesù Cristo, che ci viene presentato nei suoi sacramenti, in particolare nell’Eucaristia: “Vi avvicinate a questo servizio – ha detto il Vescovo, rivolto ai neo accoliti -, a preparare la mensa e a portare Gesù Eucaristia alle persone, anche ai malati e agli anziani. Siamo Chiesa perché nasciamo dall’altare, dalla Parola e dall’Eucaristia. Crediamo che il Signore risorto cammina con noi, che è Parola e cibo per noi, fondamento di gioia e coraggio”.
Per tutti, al termine, un momento di festa nel chiostro del Seminario, preparato dalla comunità del Seminario e dai volontari.

Servizio fotografico di Gianmarco Mason

L’impegno per la pace che nasce… dalla testa, dal cuore e dalle mani di ciascuno

Un migliaio le persone, con una punta di 1.400 nel tratto finale, che hanno scelto di partecipare, domenica pomeriggio, 4 febbraio, alla Marcia per la pace promossa dalla diocesi di Treviso, che si è snodata dal sagrato della chiesa di Oné di Fonte fino al palazzetto dello sport di Casoni di Mussolente, dove il vescovo Michele Tomasi alle 18.30 ha celebrato la messa. Una pace non astratta, quella invocata e raccontata lungo il percorso di quasi 8 chilometri: “La pace che si pensa, si sente, si fa”, lo slogan che ha accompagnato il cammino, con le parole di papa Francesco e le testimonianze di alcune persone nelle diverse tappe.

Promossa dalla diocesi di Treviso, la marcia ha avuto il patrocinio dei Comuni di Fonte, San Zenone degli Ezzelini e Mussolente, i territori attraversati dal percorso, i cui sindaci hanno marciato insieme e hanno portato il loro saluto. Hanno preso parte alla marcia anche mons. Claudio Dalla Zuanna, arcivescovo di Beira, in Mozambico, i sindaci dei territori coinvolti e alcuni rappresentati di “Assisi Città della pace”.

Il vescovo Tomasi alla partenza da Oné di Fonte ha ringraziato tutti i presenti ricordando che “siamo insieme in cammino per dire che vogliamo impegnarci per la pace, che siamo disposti a portare in questo servizio la nostra intelligenza “naturale”, umana, che tiene insieme testa, cuore e mani. Siamo disposti a muoverci per essere persone di pace con gli strumenti che il Signore ci dona. Lui ha donato la sua vita, proviamo anche noi a donarci gli uni gli altri. Insieme è più facile”. Un percorso agevolato, lungo strade, viottoli e piazze, da una bella presenza di volontari (quasi 200) e di Forze dell’ordine.

“In questo itinerario abbiamo messo a tema le tre intelligenze: della mente, del cuore e delle mani. Prendendo spunto dal messaggio di papa Francesco, ci siamo chiesti in che modo la pace si deve pensare, si deve sentire e si deve fare – spiega don Paolo Magoga, direttore dell’ufficio diocesano di Pastorale sociale e del lavoro -. Abbiamo riflettuto sull’importanza delle nuove tecnologie (come fa il Papa nel suo Messaggio per la pace di quest’anno, dedicato all’Intelligenza artificiale), che però non possono dettare le regole del gioco della vita personale e comunitaria. Abbiamo dato spazio, attraverso alcune testimonianze, a diverse voci di chi lavora con la tecnologia e ce ne ha illustrato l’utilità e il vantaggio, ma anche i rischi, e abbiamo ascoltato persone, in particolare dei giovani, che ci hanno ricordato anche che realtà come il Creato, i poveri, le persone vittime della guerra ci possono aprire ad altre intelligenze, quelle che spalancano il cuore”.

A intervenire nelle varie tappe, accompagnati dai canti dei gruppi locali, sono stati Giuliano Volpato, presidente della Società Cooperativa ELKA, specializzata nella produzione e nella progettazione di schede elettroniche, che ha parlato di “intelligenza artificiale”, Sergio e Anastasia (Volontari della “Associazione incontri con la natura don Paolo Chiavacci”), che hanno raccontato i progetti di salvaguardia e valorizzazione del Creato; una signora ucraina ha raccontato il dramma della guerra nel suo Paese; gli scout del Clan Arcobaleno di Mussolente, che hanno raccontato la loro esperienza estiva di un campo di servizio in Albania, accanto alle religiose Discepole del Vangelo che vivono a Bilisht, a pochi chilometri dal confine con la Grecia: incontri con le famiglie, servizio ai poveri, animazione per i bambini sono tra le attività vissute dai giovani; e poi la testimonianza del Gruppo 1° settembre, che ha raccontato la storia della “Luce di Betlemme”, che anche lo scorso dicembre, nonostante il conflitto in atto in Terra santa, è arrivata in Europa e nel resto del mondo, in una staffetta e condivisione molto importanti, per dire che la pace è un valore senza tempo e senza confini, ma soprattutto che inizia da ciascuno di noi.

La conclusione a Casoni di Mussolente, per la messa al palazzetto dello sport, presieduta dal Vescovo e concelebrata da mons. Dalla Zuanna e da altri undici sacerdoti: 850 le persone presenti, tra cui sette sindaci. La messa è stata animata da rappresentanti di una decina di corali diverse delle varie parrocchie della zona. Presente anche un gruppo di persone sorde che hanno seguito la celebrazione grazie all’interprete.

“Come fa con la suocera di Pietro, il Signore ci prende per mano e ci fa alzare, ci fa tornare alla pienezza della nostra esistenza, ci riporta alla vita, alla relazione, al servizio degli altri” ha detto nell’omelia il vescovo Michele, che ha confessato la propria gioia per la presenza di molti giovani e bambini. “La nostra preghiera per la pace trasforma la vita, fa vincere il bene e potrà donare al mondo la pace” ha aggiunto. Anche il vescovo di Beira (Mozambico), Claudio Dalla Zuanna ha salutato i presenti e, dopo aver condiviso alcune riflessioni sulla situazione del Paese africano, ha invitato tutti a esercitare il proprio impegno e ruolo per essere costruttori di pace.

Lungo il percorso, a ciascun partecipante, sono stati consegnati tre nastri di colore diverso: azzurro, che rappresenta l’intelligenza della mente, rosso, l’intelligenza del cuore, oro, che l’intelligenza delle mani. Al termine della messa sono stati intrecciati a formare un portachiavi. “Abbiamo pensato a questo simbolo – spiegano gli organizzatori – per dire che ci può essere pace solo nell’intreccio delle tre dimensioni che ci rendono umani e ci permettono di costruire, vivere e portare la pace nel mondo. Inoltre, l’intreccio dei tre nastri non è possibile realizzarlo da soli, bisogna essere in due: la pace è possibile solo unendo le nostre forze”.

 

Don Giuseppe Geremia è tornato alla Casa del Padre, i funerali a Salgareda

"Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra: conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei suoi santi"

Don Giuseppe Geremia di anni 89, sacerdote da 64 anni, già Arciprete di Salgareda per 31 anni ha concluso serenamente la sua giornata terrena domenica 11 giugno, “Corpus Domini”, presso la Fondazione di Culto e di Religione Casa della Clero.

Le esequie, presieduti dal vescovo, mons. Michele Tomasi, saranno celebrate mercoledì 14 giugno 2023 alle ore 15.30 presso la chiesa parrocchiale di Salgareda.