Questa mattina in cattedrale la messa del Crisma presieduta dal Vescovo, Michele Tomasi, e concelebrata dal vescovo emerito di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, e dai sacerdoti diocesani e religiosi, oltre che dai presbiteri stranieri che prestano servizio nelle nostre comunità. Una celebrazione nella quale i sacerdoti hanno rinnovato le loro promesse. Sono stati ricordati dal Vescovo, all’inizio della messa, i presbiteri che quest’anno festeggiano un giubileo di ordinazione, dai 75 ai 25 anni.
All’interno della celebrazione eucaristica c’è stato anche il ricordo dei sacerdoti, del vescovo Gardin e del diacono Giuseppe Zago, che sono mancati nell’ultimo anno.
Messa del Crisma – Cattedrale di Treviso
17 aprile 2025
Omelia del vescovo Tomasi
“Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione”. Queste parole di Gesù del Vangelo di Luca ci hanno fatto entrare con Lui, domenica scorsa, nella Settimana Santa: “Desiderio desideravi hoc Pascha manducare vobiscum”.
Il desiderio di Gesù è per così dire, completamente ricolmo della prospettiva di sedere a mensa con i suoi amici, in vista della sua passione, nella celebrazione familiare della Pasqua.
“Ho tanto desiderato questo incontro, questa celebrazione insieme”, sta dicendo anche a noi il Signore. Ce lo dice ogni volta che ci ritroviamo insieme per la celebrazione dell’Eucaristia. Ce lo sta dicendo proprio qui, proprio ora.
Gesù ci chiama a condividere con Lui la celebrazione dell’Eucaristia. Egli ci attende. Attende questo momento, pieno di desiderio. La celebrazione dell’Eucaristia realizza ogni volta quest’aspettativa del Signore: è un tempo che Egli desidera trascorrere con noi,che vive volentieri, che lo consola profondamente, un momento di cui sente per così dire l’urgenza. Tutto l’amore di Dio si manifesta – gratuito, immeritato, immenso – nella condivisione di questo desiderio. Quella cena con gli Apostoli sta nel cuore stesso di Dio.
E, come ci ha ricordato Papa Francesco: “Pietro e gli altri stanno a quella mensa, inconsapevoli eppure necessari: ogni dono per essere tale deve avere qualcuno disposto a riceverlo. In questo caso la sproporzione tra l’immensità del dono e la piccolezza di chi lo riceve, è infinita e non può non sorprenderci. Ciò nonostante – per misericordia del Signore – il dono viene affidato agli Apostoli perché venga portato ad ogni uomo” (Papa Francesco, Desiderio Desideravi, 3).
Egli attendeva quel momento, quella Cena, quella Pasqua, per stare con i suoi amici, e perché essi donassero poi quella stessa esperienza a tutti, nel corso della storia. Essi riceveranno dal Risorto il mandato di annunciare a tutti la buona notizia della vittoria sulla morte, e la memoria viva e reale di quella mensa, di quella Cena: “fate questo in memoria di me”. Memoria che è davvero presenza viva.
Cari fratelli e sorelle in Cristo, voglio esprimere nuovamente questo punto, ancora con le parole di papa Francesco:
“Prima della nostra risposta al suo invito – molto prima – c’è il suo desiderio di noi: possiamo anche non esserne consapevoli, ma ogni volta che andiamo a Messa la ragione prima è perché siamo attratti dal suo desiderio di noi.
Da parte nostra, la risposta possibile, l’ascesi più esigente, è, come sempre, quella dell’arrendersi al suo amore, del volersi lasciare attrarre da lui. Per certo ogni nostra comunione al Corpo e al Sangue di Cristo è stata da Lui desiderata nell’ultima Cena” (Desiderio desideravi, 6).
Quanto è bello che il Signore Gesù Cristo ci desideri così. Quanto è bello essere suoi discepoli. Quanto è bello, fratelli e sorelle, essere cristiani, membra vive della Chiesa.
È un puro dono di grazia: immeritato, ma non per questo meno reale ed effettivo.
Quale privilegio ci è donato, di poter entrare così in comunione con Lui e tra di noi.
Come pregheremo fra poco nel prefazio di questa nostra celebrazione, “Egli comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti”. Egli desidera incontrare tutto il popolo dei battezzati, e desidera che ognuno possa farne parte. Per portare a compimento questo desiderio, Gesù – ancora con le parole della preghiera della Chiesa – “nel suo amore per i fratelli sceglie alcuni che, mediante l’imposizione delle mani, rende partecipi del suo ministero di salvezza, perché rinnovino nel suo nome il sacrificio redentore e preparino ai figli [del Padre] il convito pasquale”.
Che bello – fratelli Vescovi e Presbiteri – essere chiamati a servire Cristo e la Chiesa per rendere possibile questo incontro, questa convocazione, questa realizzazione dell’amore di Dio. La nostra vita intera è a servizio dell’incontro con Lui di tutto il popolo santo di Dio. Da questa missione scaturisce ogni altro compito, impegno, ministero o incarico particolare, nostro e di tutti i fratelli e le sorelle in Cristo.
Come coloro che dopo la Pentecoste avessero voluto incontrare Gesù vivo e risorto, non avrebbero avuto “altra possibilità se non quella di cercare i suoi per ascoltare le sue parole e vedere i suoi gesti, più vivi che mai”, anche noi non abbiamo “altra possibilità di un incontro vero con Lui se non quella della comunità che celebra. Per questo la Chiesa ha sempre custodito come il suo più prezioso tesoro il mandato del Signore: «fate questo in memoria di me» (Desiderio desideravi, 8).
Non esiste la Chiesa senza l’Eucaristia. Noi non siamo nulla senza questa cena, questa convocazione, questa celebrazione.
E non esiste l’Eucaristia senza il ministero ordinato. È un dono grande. Immeritato. Un dono che nasce dal desiderio di Cristo di vivere la Pasqua con i suoi, che sgorga dall’amore di Cristo per la Chiesa. Un dono tutto orientato a servizio del desiderio universale di salvezza di Gesù, a servizio dell’annuncio e della missione, affinché ogni uomo ed ogni donna possano essere accolti al banchetto della vita. Un dono che mostra, attraverso la presenza dei ministri ordinati, la gratuità dell’azione di Dio nella storia.
Talvolta ci capita di vedere soprattutto le molte difficoltà nell’esercizio del ministero, in questo tempo di cambiamento, spesso confuso e faticoso, nella Chiesa e nella società nel suo complesso. Talvolta sembrano prevalere la rassegnazione o l’ansia, piuttosto che la fiducia o la speranza.
Le difficoltà ci sono, così come le fatiche. C’è il rischio della solitudine, la fatica del sovraccarico di impegni, di fronte al numero di presbiteri che cala e le tante richieste che crescono da molte parti, a volte esagerate; in generale un certo smarrimento di fronte alla poca chiarezza sul ruolo del prete oggi, nella Chiesa e nella società. Tutto questo c’è, va preso sul serio, ne dobbiamo parlare e cerchiamo insieme risposte e soluzioni.
Ma nulla potrà servire, se non riscopriamo, individualmente e tutti insieme, come presbiterio, la meraviglia a cui ci chiama l’amore di Cristo, il suo desiderio cioè di affidarsi a noi per farsi presente a tutti. La bellezza di essere incaricati di offrire “nel suo nome il sacrificio redentore” e di preparare per i fedeli “il convito pasquale”, il banchetto fraterno con il Risorto.
La presidenza della celebrazione eucaristica non sia un’incombenza tra le tante, bensì la fonte della nostra vita stessa e il suo culmine, la sua meta.
Ripartiamo da qui, torniamo sempre di nuovo qui. Non c’è responsabilità più grande, non c’è dignità maggiore, non vi è fonte più sicura di gioia. Non c’è fraternità più autentica con i fratelli e le sorelle in Cristo, non vi è servizio più essenziale da offrire al nostro mondo, al nostro tempo. Da qui riceviamo in dono ogni significato, da qui ha origine ogni carità effettiva, qui viviamo la realtà del Regno di Dio.
Partiamo ancora e sempre di nuovo dal presiedere con gioia, umilmente e volentieri l’Eucaristia con le nostre comunità. Non scegliendo quella che ci è più affine, che ci sta simpatica, con cui andiamo d’accordo, in cui ci sentiamo a casa. Partiamo da lì dove siamo, assieme alle comunità così come sono, gustando la bellezza del fatto che proprio quelle sono state generate dal desiderio di Cristo di incontrarle, dal suo amore infinito. Imparando ad amarci dello stesso amore di Cristo.
Amiamo la nostra diocesi perché è generata dalla chiamata, dal desiderio, dall’amore di Gesù Cristo. Vediamola come Lui la vede, amiamola come Lui la vuole. Ogni nostra scelta abbia come fine quello di diventare tutti più «eucaristici». Lasciamoci trasformare dall’amore di Cristo, fidiamoci di Lui, affidiamoci a Lui.
Si possa dire di noi, con l’aiuto dello Spirito e la forza del Padre, quanto pregheremo, fra poco, sempre nel prefazio di questa Messa del Crisma:
“Servi premurosi del tuo popolo, lo nutrano con la Parola e lo santifichino con i sacramenti; donando la vita per te e per la salvezza dei fratelli, si conformino all’immagine di Cristo, e ti rendano sempre testimonianza di fede e di amore”.