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Cattedrale: al via il restauro dell’Annunciazione di Tiziano. Presentazione del progetto giovedì 3 giugno

Giovedì 3 giugno 2021, alle ore 19, nella cattedrale di Treviso si terrà la presentazione al pubblico dell’avvio dei lavori di restauro dell’Annunciazione di Tiziano presente nella cappella Malchiostro della cattedrale.

Si tratta di un dipinto a olio su tavola di Tiziano Vecellio, databile intorno al 1520, il cui restauro sarà sostenuto da “Save Venice Inc”, in collaborazione con la Diocesi di Treviso.

Presenta e introduce: don Paolo Barbisan, direttore dell’ufficio diocesano per i Beni culturali.

Intervengono:

  • Michele Tomasi, vescovo di Treviso
  • Mario Conte, sindaco della città di Treviso
  • Fabrizio Magani, Soprintendente (Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso)
  • Enrico Dal Pozzolo, storico dell’Arte, curatore della mostra “Tiziano e i suoi”
  • Alberto Nardi, vicepresidente di “Save Venice”

“Save Venice” è un’organizzazione statunitense non-profit, dedita da 50 anni ad attività di conservazione e restauro di opere d’arte e di architetture della città di Venezia, che ora volge il proprio sguardo e il proprio impegno anche a Treviso. Nata in risposta alla tragica alluvione del 1966, Save Venice Inc. conta oggi oltre 750 progetti intrapresi e più di 1.000 beni artistici restaurati (dipinti, statue, arazzi, pergamene etc.).

La presentazione in cattedrale si terrà nel rispetto delle misure anticovid (igienizzazione all’ingresso, mascherina e distanziamento)

“Mettiamo l’amore di Gesù al centro e vedremo la forza della Risurrezione sprigionarsi nella vita quotidiana”: l’invito del Vescovo nella domenica delle Palme

Un invito ad accogliere ogni Eucaristia come “spreco di amore” per far rifiorire la vita in maniera insperata, ogni giorno. E’ stato il vescovo Michele Tomasi a rivolgerlo ai fedeli riuniti in cattedrale questa mattina per la celebrazione della Domenica delle Palme e della Passione del Signore.

Il Vescovo ha salutato i bambini presenti: “Che bello vedervi, voi siete qui oggi, e rappresentate tutti quelli che hanno riconosciuto Gesù al suo ingresso festoso. Rappresentate quelli che hanno capito ciò che non hanno capito tutti gli altri adulti. Continuate a voler bene a Gesù e a portare a tutti il sorriso e la gioia del vostro incontro con lui. Ne abbiamo bisogno, tanto”.

“Dopo aver accompagnato liturgicamente il Signore nel suo ingresso glorioso a Gerusalemme, subito ci è stata proclamata anche la Passione del Signore – ha sottolineato mons. Tomasi -. L’effimera accoglienza di un momento si fa rifiuto, ed è proprio il rifiuto che diviene luogo di rivelazione e di realizzazione piena dell’amore eterno di Dio, stabile per sempre. Gesù che svuota se stesso, fa spazio in sé all’universo intero e accetta per amore la morte, la morte di croce, è colui che in questo dono di amore viene glorificato con la Risurrezione e la pienezza di vita”.

“Solo se siamo così folli da mettere davvero l’amore di Gesù al centro di tutto nella nostra vita – ha ricordato il Vescovo – saremo in grado di vedere la forza di risurrezione che si sprigiona nelle pieghe della nostra vita quotidiana concreta, oggi, in questo tempo confuso e sfiduciato; oggi, nelle nostre domande di senso, nelle nostre incertezze, nelle nostre paure, nelle grandi questioni cui facciamo fatica a rispondere nel tempo sfibrante della pandemia”. Un amore smisurato, uno “spreco di amore” come quello della donna di Betania che, mentre Gesù è a tavola, rompe un vaso prezioso di alabastro e versa sul capo del maestro un profumo di puro nardo altrettanto prezioso. Un episodio che è “la vera introduzione alla Passione e alla Risurrezione”.

“Nessuno dei presenti capisce il gesto, tutti protestano per lo spreco – ha sottolineato mons. Tomasi -. Ma di questo gesto Gesù fa subito Vangelo da proclamare sempre e ovunque “in ricordo di lei”. Ecco un gesto da perpetuare, in memoria di Lui: anche questo, come quello del pane e del vino, si fa Eucaristia. L’unzione per la sepoltura diventa la consacrazione per la vita, lo spreco di amore di una donna è l’unico gesto che sa far balenare la novità della Risurrezione di Gesù: soltanto un amore che non calcola e che vive quasi di eccesso sa vedere l’amore infinito di Dio in quel Maestro che gli altri non sono ancora stati capaci di comprendere”.

“Fratelli e sorelle, abbandoniamo tutti i calcoli, anche quelli ragionevoli e assennati, che definiscono le nostre esistenze – l’invito del Vescovo – ma che imbrigliano le nostre energie individuali e sociali; siamo così folli da mettere davvero l’amore di Gesù al centro di tutto nella nostra vita – al centro vero: soltanto così saremo in grado di vedere la forza di risurrezione che si sprigiona nelle pieghe della nostra vita quotidiana”.

“Affidiamo le famiglie a san Giuseppe, padre dal coraggio creativo”: aperto dal vescovo l’anno “Amoris Laetitia”

Nel giorno dedicato a san Giuseppe, sposo di Maria e patrono della Chiesa cattolica, il vescovo Michele ha riconosciuto il ruolo centrale delle famiglie e il loro valore e ha rivolto un appello a sostenerle: “Senza di loro non avremmo potuto sostenere la crisi come abbiamo fatto, come stiamo facendo. Non possiamo chiedere loro soltanto, senza dare nulla in cambio: dobbiamo almeno riconoscerne il valore … Continua a leggere “Affidiamo le famiglie a san Giuseppe, padre dal coraggio creativo”: aperto dal vescovo l’anno “Amoris Laetitia” »

“La croce apre un cammino di vita”: omelia del Vescovo Michele nella domenica della Passione del Signore

“Prima ancora che alle nostre domande, la croce mostra e realizza la risposta di Dio al nostro bisogno di vita: la croce non è un simbolo, utile per spiegare sofferenze di per sé inesplicabili. Non abbiamo bisogno di Gesù per spiegare ciò che succede o per esprimere la nostra ribellione di fronte alle sofferenze del mondo. La croce apre un cammino di vita per un popolo, per la comunità di coloro che guardano al Signore crocifisso a partire dalla propria esperienza e in lui scoprono Dio e il suo amore”. Il vescovo Michele ha sottolineato così il significato della croce, della Passione e morte di Gesù, al centro di questa domenica della Passione del Signore, inizio della Settimana santa, quando si ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, la sua passione e la morte sulla croce. Lo ha fatto questa mattina, in una celebrazione eucaristica a porte chiuse, in cattedrale, presenti pochi sacerdoti, che hanno concelebrato con lui (il vicario generale, mons. Adriano Cevolotto; il vicario per la pastorale, mons. Mario Salviato; il penitenziere della Cattedrale, mons. Arduino Beltrame; il parroco e il vicario parrocchiale della Cattedrale, mons. Giorgio Riccoboni e don Filippo Basso, insieme al diacono Gianni Donadi), e la piccola famiglia con la quale il vescovo Michele celebra l’Eucaristia da quando è iniziato il periodo di restrizioni a causa della pandemia.

Una celebrazione sobria ma intensa, pur senza il rito della processione delle palme, come prevedono le norme stabilite dalla Chiesa per questo tempo.

L’omelia del vescovo Michele:

Nella Passione di Cristo converge tutta la sua vita: il suo insegnamento, la chiamata dei discepoli, la prima comunità dei cristiani attorno a Gesù, tutto culmina in questo racconto. Vi troviamo la fedeltà di Dio, le emozioni profonde di Gesù, la sua comunione con i discepoli e la debolezza di questi ultimi, il rinnegamento di Pietro e il tradimento di Giuda, gli interessi dei capi del popolo e le loro accuse, la politica e le leggi dei romani, il giudizio.

Il mistero stesso della storia dell’umanità ci è stato esposto, presentato, e costituisce fino ad oggi lo specchio delle nostre fatiche, delle nostre infedeltà, della nostra mancanza di coraggio.

A questo punto, non abbiamo bisogno di un commento, non serve una predica. Il mistero va soltanto contemplato.

Voglio soltanto ascoltare di nuovo con voi la parola di Gesù sulla croce che il Vangelo di Matteo ci consegna: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”

È l’inizio del Salmo 22, è la grande, antica preghiera di chi si trova nel dolore e nella prova, che Gesù trova nelle Scritture e fa sua, portando così persino l’esperienza del silenzio di Dio all’interno della sua stessa relazione con Dio Padre.

Gridare a lui ora è possibile anche a ciascuno di noi, perché Gesù ha vissuto ogni prova, ogni abbandono e lo ha portato con sé, per così dire, nella vita stessa di Dio.

“Fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi”: così proclameremo fra poco nel credo: davvero discese agli inferi, nelle molte esperienze di male e di morte di uomini e donne di ogni tempo, anche del nostro tempo, anche prima, al di là, persino oltre il dramma della pandemia. Gli abissi dell’abbandono e del male sono stati visitati da Gesù, e in essi il suo grido esprime ancora una volta l’affidarsi al Padre: egli grida “Dio mio, Dio mio” proprio perché il Padre continua ad essere il suo Dio.

Prima ancora che alle nostre domande, la croce mostra e realizza la risposta di Dio al nostro bisogno di vita: la croce non è un simbolo, utile per spiegare sofferenze di per sé inesplicabili. Non abbiamo bisogno di Gesù per spiegare ciò che succede o per esprimere la nostra ribellione di fronte alle sofferenze del mondo. La croce apre un cammino di vita per un popolo, per la comunità di coloro che guardano al Signore crocifisso a partire dalla propria esperienza e in lui scoprono Dio e il suo amore.

La croce di Cristo costituisce un popolo che non chiede nemmeno la spiegazione delle inesplicabili sofferenze, proprio perché ha scoperto che di fronte alle tragedie della vita c’è bisogno di amore, non di spiegazioni. Il nostro compito, un compito che la croce rende possibile e al quale essa ci interpella, è essere presenti gli uni agli altri quando scopriamo che da soli non possiamo fare nulla per salvarci, ma che nell’amore ci salveremo tutti.

Qui in terra, e per la vita eterna.