In cattedrale, questa sera, Venerdì santo, il Vescovo ha presieduto l’Azione liturgica della Passione del Signore.
Il Vescovo, nell’omelia che è seguita alla lettura della Passione di Gesù secondo Giovanni, si è lasciato guidare da un passaggio della seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei.
Ecco l’omelia del Vescovo:
“…Egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito” (Eb 5, 7).
Gesù ha chiesto, ha pregato, ha urlato al Padre di venire liberato dalla sofferenza e dalla morte. È stato crocifisso, è morto. Venne esaudito? È possibile dire questo, che è stato esaudito? Questo ha senso solamente alla luce della sua Risurrezione. Così anche quanto aveva scritto il profeta Isaia:
“Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità” (Is 53, 11).
La vittoria sulla morte, sulla sua e sulla nostra morte, avviene solamente grazie a questo pieno abbandono fiducioso di Cristo nelle mani del Padre, e questo abbandono fiducioso assume senso solamente nella luce della Risurrezione. Altrimenti non ci sarebbe questo esaudimento, l’assurdo sarebbe l’ultima parola dell’esistenza. La fiducia, che è il rischio supremo di Cristo, nel suo atto di abbandono nel Getsemani si compie e in essa si realizza la possibilità stessa di un significato della vita, dell’universo, dell’essere stesso in quanto tale.
“Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì” (Eb 5,8).
Tutta la storia dell’Incarnazione del Figlio eterno trova qui il suo compendio, la possibilità di essere contemplata nel profondo. Lo dice in modo diverso anche San Paolo, nella lettera ai Filippesi: Cristo Gesù,
“pur essendo nella condizione di Dio,
[…] umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce” (Fil 2, 6.8).
L’obbedienza di Cristo – sin dall’accettazione della propria umanità – ce lo mostra come Figlio senza riserve e senza condizioni, davvero Uno con il Padre. Grazie alla sua obbedienza, in Lui siamo in grado di vedere Dio Padre, colui che nessuno poteva contemplare. Gesù ha imparato dalle vicende della sua vita l’obbedienza: nel suo patire ha continuato ad ascoltare la voce del Padre, le ha donato fiducia, ha cercato fuori di sé il centro profondo della propria libertà, della propria volontà.
“Reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb 5,9).
Gesù ha impregnato della sua divinità ogni fibra della sua e della nostra umanità: questa è la perfezione cui egli è giunto, dono per noi. Tutta la divinità arriva con Lui sulla croce, tutta la sua umanità risorge ed è assunta in Dio. In Lui davvero sono uniti in eterno cielo e terra.
La nostra salvezza sta tutta nell’obbedienza a lui, solamente nell’obbedienza a lui. È questo il nostro rischio supremo. Questa la possibilità che ci viene data di vivere autenticamente ed in pienezza. Ce lo insegna l’apostolo Pietro, negli Atti degli Apostoli: “In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati” (At 4,12).
Nessun nostro pensiero, nessuna nostra azione che siano al di fuori della logica dell’obbedienza alla croce di Cristo sapranno superare e vincere la morte nella Risurrezione e nella vita. Abbracciamo la logica del dono incondizionato di sé e vinceremo ogni logica di morte. Tutto il resto andrà perduto. Per sempre”.
Dopo l’omelia, la preghiera universale, alla quale è stata aggiunta quest’anno un’intenzione speciale per chi sta soffrendo a causa della guerra:
XI. Per quanti soffrono a causa della guerra
Preghiamo per quanti soffrono a causa della guerra, per le vittime, per i profughi, per gli orfani.
Il Signore Dio nostro asciughi le lacrime,
doni speranza e affretti un’era di pace per tutti i popoli.
Preghiera in silenzio; poi il sacerdote dice:
Dio onnipotente ed eterno,
che liberi il tuo popolo dall’oppressione dei superbi,
allontana al più presto dall’umanità gli orrori della guerra,
dona al mondo la pace,
perché tutti possano cantare la tua salvezza.
Per Cristo nostro Signore.
Infine, la solenne adorazione della Croce.
Servizio fotografico a cura di “Fotofilm Treviso”